Torture a Ranza, conclusa la maxi-udienza

Il gup il 26 decide se gli uomini della penitenziaria vanno processati. Rito abbreviato per il medico: non sapeva che il detenuto era stato spostato

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di Laura Valdesi

SIENA

Torture a Ranza, il 26 novembre si saprà se a Siena verrà celebrato il primo processo in Italia che vede imputati cinque uomini della polizia penitenziaria per un reato così grave. Si è infatti conclusa ieri poco dopo le 16 la maxi-udienza preliminare davanti al gup Roberta Malavasi iniziata il 10 settembre scorso. Sembrava che la decisione – se rinviare o meno a giudizio gli accusati – dovesse arrivare in serata. Ma la vicenda è particolarmente complessa ed il giudice, evidentemente, intende valutare con tutto il tempo che serve gli aspetti di un caso già nazionale. Per il clamore suscitato e gli interventi politici – tutti ricordano la visita dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini –, le mille prese di posizione sulla condizione delle carceri italiane.

Era il 2018 quando un detenuto tunisino di 31 anni, che si trovava in isolamento e doveva scontare la pena per droga, sarebbe stato preso a calci e pugni anche se lui non aveva sporto denuncia. "Trattamento inumano e degradante", sostiene la procura che ha sostenuto l’accusata con il pm Valentina Magnini. Vanno a prenderlo per spostarlo di cella, lui pensa di andare a fare la doccia. Invece succede qualcosa che viene ripreso dalle telecamere interne. Si sarebbero accaniti contro l’uomo affinché, viene contestato, servisse di ammonimento verso gli altri detenuti in isolamento. Sette le parti civili costituite, fra cui l’associazione Yairaiha onlus a cui è giunta la lettera da cui è scattata l’inchiesta. Ci sono anche tre detenuti che sarebbero stati al centro di episodi diversi.

Il pm Valentina Magnini nell’udienza del 5 novembre scorso ha chiesto il rinvio a giudizio per i cinque uomini della penitenziaria. In quella del 12 novembre, invece, è toccato all’avvocato Manfredi Biotti parlare per ore chiedendo il "non luogo a procedere" per i suoi quattro assistiti. Non ci sarebbero state torture, ha argomentato, quel giorno in isolamento. Ieri mattina si è ripreso con l’avvocato Fabio D’Amato di Roma che assiste il quinto imputato della penitenziaria. Ha parlato per circa tre ore, quindi ci sono state le repliche del pm Magnini. Nel pomeriggio è stato discusso invece il rito abbreviato chiesto per il medico di Ranza accusato di omissione di atti d’ufficio. Non avrebbe visitato quel giorno il tunisino, come invece previsto quando un detenuto viene spostato. L’avvocato Roberta Gialli ha evidenziato con forza come non ci sia stato alcun ordine di servizio al riguardo. Né il dottore era a conoscenza del cambiamento di cella per cui non poteva intervenire. Se ci sarà il non luogo a procedere oppure la condanna si saprà, anche nel caso del medico, il 26 novembre.