Torna il balzello benzina, il litro sfiora i 2 euro "Ma altri aumenti saranno figli di speculazioni"

Il governo dimezza lo sconto sulle accise. Il presidente Faib, Landi: "Il motore della transizione energetica deve continuare a girare"

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Una vera e propria gestazione quella delle accise sul carburante, che dopo 9 mesi di riduzione decisa a marzo dal Governo allora guidato da Mario Draghi, torna a fare capolino dal grembo della politica italiana. Una mossa preventivabile per un Paese che incassa ogni anno 40 miliardi dalle imposte su benzina, gasolio e Gpl, e che non poteva rinunciare a lungo a una fetta così importante di moneta nelle proprie casse: la tassa più odiata cresce nuovamente, pur rimanendo al di sotto della soglia pre-taglio. Il decreto del governo Meloni, varato il 23 novembre, ha dimezzato lo sconto imposto dal governo di unità nazionale, riportando 10 cent in più al litro nelle casse statali. Una cifra che sommata all’Iva al 22%, porta il rincaro complessivo a 12,2 centesimi, garantendo un gettito fiscale di 317 milioni solo nel mese di dicembre. In un anno, la quota dovrebbe raggiunge i 3,8 miliardi.

Una situazione che non risparmia Siena con le sue 29 stazioni di servizio, che al 2 dicembre – come si può constatare dalla mappa ‘Osservaprezzi Carburanti’ del Mise – hanno già dovuto operare i primi rincari; e mentre il servito schizza quasi ovunque intorno agli 1,9 euro al litro, il self si stabilizza attorno agli 1,7 per la benzina e gli 1,8 per il diesel. "Era logico pensare che la riduzione decisa dal governo Draghi, con un taglio importante delle accise, non potesse durare in eterno" commenta Martino Landi (foto in alto), presidente nazionale Faib Consercenti. "Un riallineamento a valori di tassazione più altri era preventivabile, lo Stato incassa 40 miliardi dalle accise ai quali non può rinunciare e non ha mai rinunciato in anni e anni di eventi e promesse. Ovviamente né la categoria né gli italiani hanno accolto favorevolmente la decisione, si parla di un incremento che porterà i cittadini a spendere dai 50 euro classici di pieno a 55".

"È un sacrificio per tutti – spiega ancora – anche per i benzinai che devono acquistare il carburante ad un certo prezzo e venderlo a una domanda più bassa, con un’esposizione finanziaria che aumenta e consumi che si riducono, rimanendo pari il potere d’acquisto degli italiani. La diminuzione di marzo ha tamponato l’aumento dei consumi, in un periodo in cui tutti erano alle prese con spese enormi per l’aumento dei costi in bolletta e della vita quotidiana". Difficile fare previsioni, ma la categoria dovrà farsi trovare pronta alle sfide del futuro, tra transizione e geopolitica.

"Non credo potremo mai fare a meno del carburante – continua Landi – ma se fino ad oggi la transizione energetica rimaneva solo nelle parole di politici e persone, adesso il motore si è avviato e deve continuare a girare. Andiamo sempre più verso la sostenibilità ambientale, il settore deve prepararsi alla rivoluzione tra mille incognite. Sicuramente sarebbe necessario ristrutturare la rete italiana, fortemente sovradimensionata, con tanti punti vendita non sostenibili economicamente. L’erogato annuo italiano è di 1 milione e 300 mila, in Europa si viaggia al doppio della velocità. Sarebbe opportuno includere nelle stazioni di servizio le colonnine di ricarica, bonificando le stazioni inservibili e diminuendo il consumo del suolo pubblico. Non sappiamo se ci saranno a breve altre oscillazioni, ormai è accertata la loro dipendenza dalle speculazioni sul mercato di petrolio e gas in tempi di crisi. Solo la fine della guerra in Ucraina, che tutti ci auguriamo, ci daranno i presupposti per una discesa del prezzo che comunque non prescindere dalle accise".

Andrea Talanti