Tangenziale, quei viadotti ‘malati’: «Crepe e infiltrazioni, vanno curati»

La denuncia di un tecnico esperto: «Il cemento armato non è eterno»

Il viadotto sulla Tangenziale di Siena dalle parti di Petriccio-Belriguardo

Il viadotto sulla Tangenziale di Siena dalle parti di Petriccio-Belriguardo

Siena, 18 agosto 2018 - Ironia della sorte sono le costruzioni moderne, con 30-50 anni di vita alle spalle, quelle in cemento armato, a preoccupare; quando invece l’arco medievale o il ponte in pietra antica, oltre ad appagare la vista, trasmettono senso di stabilità e solidità. Che sia immotivata apprensione o condivisibile preoccupazione, dopo la tragedia di Genova viene spontaneo andare alla ricerca di queste spade di Damocle sul nostro cammino: infrastrutture malate. E il viaggio non porta lontano: basta andare all’Acquacalda, all’ingresso della tangenziale, dove lo svincolo fatto di piloni e rampe che si incrociano, mostra evidentemente i segni del tempo e la mancanza di cure. O ancora, lì vicino, basta passare sotto il viadotto sempre della tangenziale imboccando strada del Petriccio e Belriguardo o via delle Coste, per trovarsi sotto gli imponenti piloni che sorreggono la tangenziale senese, nel punto di maggior altezza: anche qui il degrado è lampante.

«Il cemento è tutto scoppiato. Tutte le strutture in calcestruzzo hanno una vita e un fine vita, non sono eterne: se per 30 anni non le curi, non le mantieni, rafforzi, prima o poi si sfaldano» è il monito di Fulvio, geometra e tecnico, da 42 anni al lavoro in una società internazionale che fa metanodotti e gasdotti in tutto il mondo. Fulvio, piacentino di origine, fra un viaggio e l’altro nei cantieri all’estero, risiede a Siena, da una decina di anni. «Sarà un vizio di lavoro ma, quando viaggio o mi sposto anche in città, mi viene sempre da osservare lo stato delle nostre infrastrutture, strade, ponti, muri. Più di una volta mi sono fermato sotto il viadotto del Petriccio: è da paura. Col crollo di Genova la mia mente è andata subito lì». Non vuol essere allarmismo ma una segnalazione, una legittima richiesta di attenzione: «C’è un viadotto vicino a Modena con piloni di 60 metri di altezza – continua –: ci sono cedimenti alla base e nella parte alta il ferro che dovrebbe essere celato e ben protetto dentro il cemento è del tutto scoperto. E’ il segnale che quella struttura è a rischio, c’è qualcosa che non va. Sono due i casi o tutti e due insieme: o c’è una composizione sbagliata del cemento che porta lo stesso a staccarsi dal tondino di ferro zigrinato all’interno o ci sono state infiltrazioni di acqua che rovinano l’amalgama, muffe che ledono la struttura e fanno staccare il cemento stesso. E una volta che il ferro viene a contatto con l’aria, si ossida, crea ruggine: anche in questo caso il ferro gonfia e il cemento si stacca. Quel pilastro ha perso le proprietà originarie e non regge più le 10 tonnellate che doveva sostenere».

La tangenziale ovest senese non è lontana dai 30 anni di vita e mostra i segni dell’età: percolature di acqua e cemento staccato dal ferro interno. «Se ben mantenuta una struttura di 30-40 anni può andare avanti per altri dieci – mette in guardia il tecnico –, ma la composizione chimica organolettica viene meno. Inevitabili sono periodiche verifiche statiche».