Strangolò la moglie: assolto "Incapace di intendere"

Omicidio ‘liberatorio’ quello commesso da Casimirro Delli, ex postino 92enne. Determinante la testimonianza del perito. Camera di consiglio in 20 minuti

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di Laura Valdesi

SIENA

Non era assolutamente capace di intendere e volere quando ha messo le mani al collo della moglie Neda Vannoni, soffocandola anche con l’aiuto di un lenzuolo. Decisive le parole del perito nominato dalla Corte di Assise, su richiesta della difesa, per l’assoluzione con formula piena di Casimirro Delli. Il postino di 92 anni che il 21 febbraio 2019 a Poggibonsi, nella casa di via Boninsegna, uccise la compagna di vita. E tentò, senza riuscirci, di farla finita gettandosi prima nel vicino fiume Staggia e poi tagliandosi con un coltello. Non era in aula Delli quando, dopo poco più di 20 minuti di camera di consiglio, il presidente Roberto Carrelli Palombi ha letto la sentenza: assolto. Con libertà vigilata per due anni, dovrà dunque recarsi a firmare dai carabinieri, e prosecuzione delle cure psichiatriche. "Il perito Massimo Marchi ha dichiarato che c’era una capacità di intendere e volere abolita al momento dell’omicidio per la compresenza di una condizione psicopatologica acuta a associata ad una compromissione cerebrale", commenta a caldo l’avvocato Emiliano Ciufegni che con lo studio Mori e il consulente di parte Costante Vasconetto hanno seguito la delicata vicenda sin dalle prime battute. Anche il pm Silvia Benetti che sosteneva l’accusa aveva concluso per l’assoluzione alla luce della perizia, poi invocata anche da Ciufegni. "Un pensiero in questo momento va alla famiglia perché il processo ha chiarito i motivi di questo gesto che per essa è stato incomprensibile dal punto di vista morale e lo rimarrà. Ma almeno c’è stata una risposta giuridica e appunto processuale a quella che è stata una tragica vicenda", aggiunge il difensore del postino di Poggibonsi. Che adesso potrà vivere gli ultimi anni che gli restano da uomo libero.

Rapido il processo in Corte d’Assise. Iniziato a fine settembre, ha passato in rassegna i testimoni e i medici, gli stessi figli della coppia valdelsana che tutti hanno sempre dipinto come unita. Inseparabile. Nessuno sapeva spiegarsi quel raptus da parte del nonnino da tutti benvoluto. Nelle udienze si sono cercate risposte sul movente. Che ha tentato di tratteggiare il difensore ieri mattina sottolineando, tra l’altro, come le parole della moglie siano diventate quasi un mantra, un’ossessione per il novantenne. ‘Venisse giù un fulmine e ci portasse via’, gli aveva detto. Riferendo anche ad un figlio, dopo la tragedia, che Neda aveva perso il senno, scrivendo in uno dei quattro bigliettini lasciati, prima del suicidio nel fiume non riuscito, di perdonarlo, se possibile. Che la loro madre era andata via di testa. "Ha elaborato le frasi della moglie nel corso della notte arrivando a compiere un gesto che non viene inibito a causa del decadimento cognitivo. Un delirio olotimico, un’idea psicopatologica che ne prevarica ogni altra. Se si può dire che è stato un omicidio liberatorio? Nella sua testa sì", sottolinea Ciufegni. "L’omicidio e il tentato suicidio sono una cosa sola", aggiunge. Come si ricorderà, l’ex postino aveva strangolato la moglie Neda Vannoni, 83 anni, mentre era nel suo letto. Poi si era gettato nello Staggia ma l’acqua era troppo bassa e non era morto. Così era tornato a casa, ferendosi ad una gamba e ad una mano. Atti di autolesionismo. E aveva raccontato subito ai vicini che lo avevano trovato in stato confusionale di aver ucciso la sua Neda.