Stangata su gas e luce, ecco i piani di Estra

Dopo le aziende, arrivano le bollette di dicembre alle famiglie con aumenti medi del 60%. E oggi al Tar del Lazio il ricorso di Macrì

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Alle aziende e alle attività imprenditoriali le bollette energetiche di dicembre, per luce e gas, sono già arrivate. Ora stanno arrivando alle famiglie, alle utenze domestiche. E quello che finora è un problema internazionale, legato allo stallo tra Usa e Russia, alle ritorsioni sul gasdotto North Stream 2, alla grande fame di energia della Cina, che ha acquistato gas per riscaldare altre 15 milioni di famiglie, diventerà un dramma individuale, locale, con una costellazione di proteste che riguarderà tutte le province italiane.

Al quartier generale di Estra stanno studiando eventuali contraccolpi e contromisure sia delle proteste sia di possibili conseguenze delle sentenze. Alle famiglie senesi, parte importante degli 800mila clienti della holding dell’energia, rifornite con un miliardo e mezzo di metri cubi di gas, arriveranno bollette aumentate in media del 60%. E dopo la levata di scudi delle imprese energivore, come le Fonderie e le Cristallerie della Valdelsa, toccherà ai privati protestare per il salasso. I gruppi dell’energia, i gestori di luce e gas, sono convinti che la tempesta non durerà in eterno, che prima o poi i dissidi tra Mosca e Washington si risolverà. Nell’attesa, anche se apparentemente i fatturati delle holding saliranno, i costi dell’approvvigionamento saranno notevolmente più alti.

Il caso Estra è ancora più complicato. Oltre al caro energia, oggi il Tar del Lazio dovrebbe pronunciarsi sulla richiesta di sospensiva della delibera dell’Autorità Anticorruzione nei confronti del presidente Francesco Macrì. Che ha chiesto di essere reintegrato al vertice della società e di riassumere tutte le deleghe. Difficile che i giudici del Tar accolgano il ricorso. Nel caso il tentativo di Macrì andasse a vuoto, la governance di Estra continuerà senza scossoni, con Alessandro Piazzi nella doppia veste di presidente e amministratore delegato e Paolo Abati con il ruolo di direttore generale potenziato.

Per le banche lo status quo potrebbe essere più rassicurante. La situazione finanziaria della holding, tra costi del gas balzati verso l’alto per le crisi di cui sopra, e il tasso di evasione per il non pagamento delle bollette che inevitabilmente lieviterà a dismisura, ruota sul bisogno di denaro e di linee di credito garantite. Le turbolenze al vertice potrebbero non essere gradite in questo momento. Meglio rimandare o addirittura aspettare per avvicinarsi alla scadenza dell’attuale consiglio d’amministrazione, ad aprile 2023.

Terzo nodo da sciogliere, la multiutility toscana. Estra ovviamente si rimetterà alle decisioni delle proprietà, da Coingas a Consiag, fino a Intesa. La differenza tra Siena e Arezzo, per restare ai sindaci dei due capoluoghi, è che Ghinelli detiene il 45% di Coingas, mentre De Mossi ha solo il 15%. Oltre alle difficoltà di trovare un consenso più diffuso tra i sindaci della provincia senese, che aspettano la relazione del professor Savioli sui costi e benefici del progetto, ci sono altri problemi territoriali che potrebbero complicare il percorso. In particolare la presenza di grandi player nazionali, da Acea a Iren. Il sindaco di Firenze Nardella spera di trovare una sponda nel nuovo sindaco di Roma, Gualtieri, per convincere Acea a uscire da Publiacqua e Acque Spa. Su Iren il discorso è più complesso e passa anche per un possibile aumento di capitale di Sei Toscana.

P.D.B.