Siena, fatture per operazioni inesistenti. Così evadevano le imposte

Raffica di avvisi di conclusione indagine ad artigiani di Siena e provincia. Sequestrati conti: sbloccati solo a chi ha rateizzato il pagamento alle Entrate

Guardia di Finanza (foto d'archivio)

Guardia di Finanza (foto d'archivio)

Siena, 24 febbraio 2021 - Due imprenditori consentivano agli artigiani di evadere le imposte sui redditi emettendo fatture per operazioni inesistenti. E violando la legge sui reati tributari. I ‘beneficiari’, per così dire, facevano per contro dichiarazioni fraudolente conseguendo un indebito vantaggio fiscale con evasione dell’Irpef. Alcuni per diverse migliaia di euro, altri piccoli imprenditori per cifre più modeste. Questo ha appurato la procura che dalla scorsa settimana sta inviando avvisi di conclusione dell’indagine che ha consentito di fare luce su una pratica in verità abbastanza diffusa anche nel Senese. Ma che nella vicenda in esame aveva assunto dimensioni rilevanti.

L’inchiesta, condotta dal procuratore Salvatore Vitello e che si è avvalsa del contributo della Finanza, è iniziata prima della pandemia. I fatti risalgono agli anni dal 2013 al 2015 e interessano una trentina di imprese artigiane, in particolare del settore edile. I titolari sono per la maggior parte stranieri, albanesi e kosovari, ma figurano anche senesi e valdelsani. Alcuni abitano in Val d’Arbia, altri in paesi della Val d’Orcia e della Valdichiana. A loro favore, secondo quanto appurato dall’accusa, sarebbero state emesse fatture per operazioni inesistenti senza che poi i lavori venissero effettivamente svolti. Un esempio: il titolare di una ditta individuale si avvale di tali fatture fatte da un’impresa di costruzioni con sede nella nostra provincia per evadere l’imposta sui redditi. Venivano contabilizzate deducendo costi in maniera non dovuta e traendone dunque un vantaggio fiscale. Evadendo l’Irpef, insomma.  Chiesti ed ottenuti anche i sequestri preventivi equivalenti alle somme appunto evase. Il che vuol dire conti correnti bloccati per l’importo dovuto che sono tornati fruibili – e dunque dissequestrati – quando hanno deciso di rateizzare ciò che dovevano pagare regolarmente allo Stato.

Numerosi gli avvisi di conclusione indagine, come detto, che stanno arrivando negli studi legali a cui i piccoli imprenditori si sono rivolti, dal sud della provincia al capoluogo, da quello di Massimiliano Barbanera al suo collega Jacopo Meini. Altri ne arriveranno nei prossimi giorni perché, come detto gli indagati erano una trentina. Un segnale forte mandato dalla procura, insieme alla Finanza, che le imposte vanno pagate come fanno tanti cittadini. Non c’è neppure da dire che si va a colpire una categoria già duramente provata dalla crisi innescata dal Covid 19 perché l’inchiesta riguarda un periodo ben precedente.