"Sette giorni per rivoluzionare la mia vita"

La storia di un’infermiera che ha detto sì quando è scattata la caccia agli operatori sanitari in Toscana. "Paura? Solo guardia alta"

Alessandra Corvi

Alessandra Corvi

Siena, 8 aprile 2020 - «Avevo fatto il concorso. Aspettavo la chiamata, a dire la verità, solo fra qualche mese. Ma l’accelerazione nelle assunzioni di personale sanitario causata dalla pandemia mi hanno costretto a rivoluzionare la vita in sette giorni. Tanti me ne hanno dati per prendere servizio come infermiera e lasciare il reparto di chirurgia generale dove lavoravo da due anni, all’ospedale di Terni. Ho lasciato mia madre disperatissima". Si è appena svegliata dal turno di notte Alessandra Corvi, 37 anni, infermiera. Un velo di stanchezza nella voce, appena risponde al cellulare. Basta parlare del suo lavoro, è in forza al pronto soccorso di Nottola a Montepulciano, ed ecco che torna solare. Si accende di passione. Nonostante il momento delicato che ha rivoluzionato la sua vita. Ha cambiato anche regione. "Sono originaria di Narni, in Umbria. Ho studiato scienze infermieristiche a Roma. Ho preso servizio a Nottola il 19 marzo. Fortunatamente ho trovato subito una casa nel centro storico di Montepulciano". Che effetto fa essere assunta grazie al coronavirus? "Una sorta di chiamata alle armi. Anche le stesse modalità di reclutamento: procedure accelerate, pratiche via mail. Quando ti laurei c’è un giuramento nel quale ti impegni nei confronti di chi sta male, del paziente e delle situazioni di necessità. Questa è una di quelle". Davanti ai suoi occhi passano tante storie. "Le persone anziane che chiedono continuamente dei figli, allora li tranquillizzi, spieghi loro le procedure che verranno seguite, il tampone. Quando sei a lavoro pensi soltanto a dare il massimo, facendo ciò che serve nel minor tempo possibile ma soprattutto nel modo migliore". Prova mai paura? "Ci penso però non ho timore. Spero che vada tutto bene. In fondo il rischio per noi c’è sempre in questo ruolo, anche in tempi normali. Magari qualcuno arriva, ha la tubercolosi e non lo dice. Lavorare con la paura non aiuta a dare il meglio. So che devo stare attenta, proteggermi, restando razionale. Vedo però che l’85% delle persone sta alle regole. Più rimangono a casa, prima ne usciamo". Pronto soccorso, la linea del fronte. "L’unica cosa positiva di questo virus è che ha eliminato gli accessi impropri a quelle che sono considerate le porte d’ingresso degli ospedali". © RIPRODUZIONE RISERVATA