La 'ndrangheta in Toscana, sequestrata una proprietà nel Senese: vale 5 milioni di euro

Nel mirino due imprenditori agricoli di origine calabrese, accusati di essersi messi a disposizione per gli investimenti malavitosi

Firenze, 27 gennaio 2022 - Un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del tribunale di Firenze nei confronti di due imprenditori del settore agricolo, di origini calabresi, provenienti dalle province di Catanzaro e Crotone, ma da anni trapiantati in Toscana è stato eseguito stamani da personale del centro operativo Dia di Firenze e della polizia di Stato. Il sequestro ha riguardato una serie di porzioni immobiliari di tipo rurale nel comune di Chiusdino (Siena), acquistate ad agosto 2007, e consistenti in un fondo agricolo, con alcuni vecchi fabbricati e annessi rurali, per una consistenza catastale di oltre trecentocinquanta ettari ed un valore commerciale complessivo di circa 5 milioni di euro.

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I due, secondo quanto riferito dagli investigatori in una nota, sarebbero indagati "per avere impiegato nella propria attività economico-imprenditoriale - agricola denaro, per un importo di almeno un milione e mezzo di euro" attribuiti a provenienza firmata 'ndrangheta e segnatamente alla cosca Grande Aracri di Cutro (Crotone) e alla 'locale' di Petilia Policastro ad essa affiliata".

Sulla base dell'attuale ipotesi investigativa, nell'ambito dell'indagine condotta dalla Dia e della squadra mobile della questura di Firenze e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze, vagliata dal giudice per le indagini preliminari, i due indagati "si sarebbero messi a disposizione delle cosche calabresi per consentire investimenti e impieghi di proventi derivanti dalle attività criminali della 'ndrangheta", prosegue la nota.

"Tutta l'attività d'indagine ha trovato ulteriori riscontri volti a consolidare l'ipotesi investigativa riguardante sia la ricostruzione degli investimenti effettuati in Toscana, sia i legami con soggetti appartenenti alle cosche calabresi", concludono gli investigatori.