
L’inchiesta sulla presunta truffa con tentata estorsione condotta dalla polizia
Siena, 1 maggio 2025 – “Si erano conosciuti su un noto sito di incontri”, ricostruisce il pubblico ministero Alberto Bancalà. “In concorso con il marito ha raggirato la vittima che è arrivato a versarle in totale 89mila euro”, aggiunge. Tutto era iniziato con sesso a pagamento. Si erano conosciuti nel 2016, lei aveva detto di chiamarsi Chiara ma non era questo il nome vero. C’erano state cinque prestazioni sessuali, gli incontri avvenivano a Certaldo, aveva riferito la vittima. Pagava per ogni rapporto 100 euro, anche 150. Poi la situazione era improvvisamente cambiata con richieste frequenti di versamenti per i motivi più vari. A partire dalla presunta salute del figlio che, si scoprirà più tardi, non aveva 6 anni ma una ventina. Lui che della donna si era invaghito non era riuscito a resistere mettendo mano al portafoglio.
La vicenda a luci rosse è condita da due ingredienti, sesso appunto e denaro. Ed è costata ad una 50enne della provincia di Firenze l’accusa di truffa e di tentata estorsione nei confronti di un valdelsano di 53 anni che sarebbe caduto nella sua rete. Questo sostiene la procura. Reati commessi in concorso con il marito, ormai ex. La posizione dell’uomo è stata stralciata valutando un legittimo impedimento e dunque il processo per lui prosegue a luglio. Per la donna arriverà la sentenza il 21 maggio. Il pubblico ministero Bancalà ha chiesto la condanna a 3 anni e mezzo e a 1500 euro di multa. “Prima voleva piccole somme, poi sempre più elevate accampando per esempio ragioni di salute del figlio piccolo. Finché si arriva all’autunno 2019 quando dice di avere necessità di oltre 4mila euro. E se lui non avesse versato la somma minacciava di rivelare degli incontri agli amici del calcetto a cui l’uomo teneva particolarmente”, ricostruisce in aula il pm. Tratteggiando poi, seppure in maniera meno approfondita visto che il processo per lui prosegue, il ruolo avuto nella vicenda. E la sua presunta complicità.
“Al mio assistito è stato nominato un amministratore di sostegno anche per via dei fatti accaduti. La donna aveva capito che si trattava di una persona vulnerabile, con problemi di gestione della spesa economica. L’imputata non aveva una card intestata? Perché usare i conti correnti di altri se quel denaro, come sosteneva, serviva a lei?”, sottolinea l’avvocato della parte offesa Manfredi Biotti.
“Una ricostruzione dei fatti che non corrisponde a quanto emerso in aula durante il dibattimento”, attacca l’avvocatessa che difende la 50enne. “L’ispettore della polizia ha confermato che durante l’indagine non è stato provato alcune versamento né su una carta, né su un conto intestato alla mia assistita. Le card erano intestate ai parenti”. Di più: “La donna era sottoposta ad una coercizione da parte del marito che l’ha usata per i soldi. Pretendeva che la moglie avesse rapporti per denaro. Ha chiesto la separazione e il divorzio, già nel 2019, allontanandosi dal marito”. Tratteggia una “donna manovrata dal marito” che “non ha ordito una truffa ai danni dell’uomo”. Chiede al giudice Elena Pollini l’assoluzione e la prescrizione per il reato di truffa aggravata. Ma non c’è stata la sentenza, solo un rinvio per eventuali repliche al 21 maggio.