
di Laura Valdesi
SIENA
"Le persone offese, piccoli imprenditori costretti a pagare da anni, non ne potevano più. Erano stremati. C’è chi a fronte di un prestito di 80mila euro ne ha restituiti quasi 600mila", dice il pm Serena Menicucci che ha coordinato l’operazione ‘Gold’ con il collega Niccolò Ludovici. Cristallizza il lato umano, delicato quando si parla di denaro dato con interessi che spaziavano dal 25% al 912%. Le vittime finiscono in un girone infernale da cui non riescono ad uscire senza l’aiuto delle forze dell’ordine o la denuncia. "Un reato brutto – sottolinea il procuratore di Siena Salvatore Vitello –, sul quale teniamo la guardia alta in particolar modo in un periodo economico come l’attuale che vede molte piccole imprese in difficoltà a seguito dell’emergenza sanitaria. Noi ci siamo". "Dietro questi fenomeni – mette in guardia il comandante provinciale dei carabinieri Stefano Di Pace – possono esserci organizzazioni criminali di maggiore spessore, anche se non è questo il caso".
Non sono state le denunce delle vittime dei prestiti a tassi stratosferici a far scattare l’indagine di carabinieri e guardia di finanza. Che ha portato venerdì mattina ai domiciliari padre e figlio, il primo residente a Sinalunga, l’altro a Torrita. Sono accusati di estorsione ed usura, mentre la moglie del capo famiglia, che viene considerato la mente del giro dagli investigatori, ha l’obbligo di dimora per il solo reato di usura. Tutto è partito dall’intuito di un maresciallo dell’Arma (vedi articolo in basso) che durante una perquisizione ha ricollegato un anello con smeraldo dato come garanzia in una presunta vicenda di strozzinaggio. I carabinieri hanno iniziato a scavare senza sapere che nel giugno 2018, come spiega il comandante provinciale della Finanza Giuseppe Marra, anche gli uomini della Tenenza di Montepulciano avevano iniziato un controllo fiscale su un’azienda riconducibile ad una delle persone ora finite nei guai. "S’interfacciava con pochi soggetti economici, c’erano delle discrepanze. Però se non ci fosse stata la sinergia con i carabinieri ci saremmo probabilmente fermati alla ‘banale’ evasione", sottolinea Marra. Che con i suoi uomini si è concentrato su conti correnti e cifre: 71 quelli sotto la lente con un’analisi dei flussi dal 2008 al 2019. I militari si sono occcupati soprattutto di intercettazioni telefoniche e movimenti. ‘Porta due golfini’, la frase con cui per esempio si chiedeva alle vittime dell’usura, che sovente venivano minacciate di morte e intimidite, di presentarsi con 2mila euro. Il sistema era tale per cui imprenditori e commercianti non riuscivano mai a restituire il capitale e pagavano una sorta di obbligazione perenne. Almeno sei le parti offese, si parla di imprenditori di Pieve Santo Stefano, San Giustino e Foiano, tutti nella provincia di Arezzo, gli altri due sono di Rapolano e Sinalunga.
E’ stato calcolato che il giro di affari tra il 2004 e il 2019 sia stato pari a 1milione 700mila euro di cui circa 700mila di interessi. E nel corso del tempo gli usurai sarebbero ricorsi ad almeno cinque società , senza versare nulla all’Erario. Perché emettevano fatture per operazioni inesistenti per nascondere la natura del pagamento, mascherando con l’evasione il giro di usura in Valdichiana. In tal modo giustificavano gli importi che transitavano nei conti correnti degli indagati, al contempo le vittime dichiaravano costi fittizi e usufruivano di un risparmio illegittimo di imposte.
Nell’ambito dell’operazione è scattato il sequestro preventivo di un compro-oro a Sinalunga (di cui è titolare una persona vicina alla famiglia) "eliminando – spiega Marra – un soggetto economico immesso sul mercato per proseguire l’attività". Strumento con cui calamitare altre vittime. Bloccate, nella circostanza, 22 posizioni fra conti correnti e poste pay per impedire che il giro andasse avanti.