Per i pm Aglieco non era nell’ufficio di Rossi

Le linee di difesa dei magistrati nelle relazioni. Il colonnello non rimase nella stanza fino alle 21,59, quando telefonò la Santanché

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Molto presumbilmente hanno già inviato la loro relazione difensiva al procuratore generale di Firenze (Antonio Nastasi e Nicola Marini) e di Roma (Aldo Natalini). Il primo ad essere ascoltato dalla commissione d’inchiesta sulla morte di David Rossi sarà Nastasi, il bersaglio principale della ricostruzione del primo sopralluogo nell’ufficio di Rossi, fatta dal colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco. Il 17 febbraio toccherà a Natalini, il 24 a Marini, sempre che la partita dell’elezione del presidente della Repubblica sia chiusa o consenta una finestra di audizioni.

Qual è la linea difensiva dei tre pm che hanno coordinato la prima inchiesta sulla morte di Rossi? Il punto cardine sarà dimostrare che il colonnello Aglieco non era in quell’ufficio al terzo piano del Monte; o almeno non c’era quando la sera del 6 marzo 2013, alle 21,59, è squillato il telefono con la chiamata dell’onorevole Santanché. La ricostruzione degli eventi che i magistrati porteranno a loro difesa parte da questa assenza: Aglieco non poteva essere lì, prima c’era stato una specie di ’conflitto di competenze’ con la questura. E il pm Marini, fuori dall’ufficio di Rossi, avrebbe sciolto il nodo, assegnando le indagini alla questura. Di conseguenza il colonnello sarebbe uscito dal Monte e tornato dalle parti del vicolo Monte Pio.

Secondo tassello, i tabulati Fastweb, già allegati agli atti. Riportano le ultime chiamate al numero di Rossi, c’è anche quella delle 21,59 con il numero della Santanché e la scritta, ’38 secondi, suona libero, nessuna risposta’. E’ la pezza d’appoggio che Antonino Nastasi userà per smentire di aver risposto al cellulare e di aver detto ’sono il pubblico ministero, richiami’, come sostenuto da Aglieco.

Terza difesa, i bigliettini stracciati con le scritte ’...ho fatto una cazzata...’: secondo i pm sarebbe stato uno dei carabinieri a scorgerli nel cestino e a indicarli ai magistrati. Qui poi i ricordi divergono su chi li abbia presi e ’stesi’ sulla scrivania. Ma nessuno avrebbe rovesciato il cestino sul tavolo.

Poi ci sono le 61 foto e i 2 video spuntati da pochi giorni: i pm fanno leva sul fascicolo dei rilievi tecnici eseguiti dall’assistente di polizia Federica Romano. Che nella parte relativa al’ufficio, inizia con "la porta chiusa a chiave e sigillata", elenca il contenuto della stanza, compreso il cestino con i fazzoletti, cita la finestra "in vetro doppio, ..in atto chiusa". Poi scrive: "Durante il sopralluogo i pm hanno mostrato per documentarle, tre lettere lasciate probabilmente da Rossi e rinvenute nel cestino da loro stessi". E chiude il rapporto con "nr.60 rilievi fotografici corredati dalle rispettive didascalie, come di seguito riportate". Non c’è una riga su altre foto e video girati, i pm sosterranno che per loro non esistevano, la scientifica parlò solo di 60 scatti.

Pino Di Blasio