Morì dopo il parto, tre medici accusati di omicidio colposo

La donna, 38 anni, morì quasi 5 mesi dopo aver dato alla luce la figlia. Secondo la procura il calvario iniziò a seguito di un’emorragia post partum

La morte della donna avvenne dopo quasi 5 mesi alle Scotte (foto archivio)

La morte della donna avvenne dopo quasi 5 mesi alle Scotte (foto archivio)

Siena, 15 marzo 2022 - ​ Madre morta alle Scotte, si svolgerà oggi l’udienza preliminare davanti al gup Jacopo Rocchi per tre medici del policlinico – un anestesista e due ginecologhe – accusati di omicidio colposo. Il calvario della donna, che aveva 38 anni, secondo quanto raccontato nel maggio scorso in una lunga lettera a La Nazione dal marito Andrea Tavolari, era iniziato dopo aver dato alla luce la secondogenita. Fino alla morte avvenuta a quasi 5 mesi di distanza dal cesareo, il 14 giugno 2019. "Ho il dovere, verso mia moglie Anna e i miei figli, che siano trovate risposte ai tanti quesiti rimasti ancora sospesi", le parole dell’uomo che è assistito dall’avvocato Duccio Panti.

Il pm Valentina Magnini, che aveva inizialmente indagato sei medici, anche alla luce della ricostruzione dei fatti compiuta dai consulenti, ha stralciato mesi fa la posizione di tre professionisti chiedendo l’archiviazione. A fine gennaio, invece, ha chiesto il rinvio a giudizio per gli altri tre specialisti che sono difesi dagli avvocato Enrico De Martino, Fabio e Giulio Pisillo, Francesco Maccari. Il gup Rocchi ha fissato oggi l’udienza in camera di consiglio dove dovrà stabilire se c’è stata responsabilità da parte loro nel decesso della giovane madre, Anna, che con la famiglia viveva nel comune di Castelnuovo Berardenga.

Il marito sin da subito aveva puntato il dito sulla grave emorragia post-partum che avrebbe determinato "un danno multiorgano irreversibile – così scriveva nella lettera del maggio scorso – che stante la giovane età e le buone condizioni di salute in cui si trovava mia moglie, l’ha lentamente condotta alla morte".

Ai professionisti delle Scotte la procura contesta, tra l’altro, di non aver seguito le linee guida nella gestione dell’emorragia successiva al parto che era stato effettuato in emergenza, senza alcuna conseguenza per la bambina. Sarebbe stato indispensabile monitorare e controllare la donna per evitare eventuali complicazioni che poi in effetti si verificarono. Secondo l’accusa, invece, tornò nel reparto neppure mezz’ora dopo il cesareo. Di più: soltanto intorno alle 3 sarebbe stata data alla paziente la prima sacca di emazie che non sarebbe stata in grado però, a quel punto, di sopperire rispetto alla quantità perduta quando aveva dato alla luce la piccola, che pesava 4 chili e 200 grammi, e anche successivamente. Una ricostruzione che le difese contesteranno anche nell’udienza odierna.

Laura Valdesi