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Monito del presidente Caritas "I nuovi poveri sono i giovani Dov’è finito il cambiamento?"

"I nuovi poveri sono innanzitutto i giovani, vittime del disordine sociale, dell’incapacità gestionale delle politiche del lavoro. I giovani vivono le povertà lavorative, relazionali, sociali tutte consequenziali tra loro". Le parole di Giuliano Faralli, direttore della Caritas diocesana, sono durissime e non coinvolgono solo il quadro nazionale post covid-19 ma piuttosto accendono i riflettore anche sulla nostra diocesi. Sui nostri giovani. Un impoverimento tanto sociale, quanto economico, quello descritto e toccato con mano dal neo direttore della Caritas poliziana e dai tanti volontari che lo aiutano in questo impegno gravoso. "E’ sbagliato considerare il povero come colui che non ha soldi. In questa stagione pandemica abbiamo visto nuove persone impoverirsi: diventare poveri significa non poter più provvedere al proprio stile di vita – le parole del direttore Caritas – la gente ha sempre lavorato, fatto calcoli, mettendo anche qualcosa da parte e ci sta qualche piccolo eccesso nella vita. Adesso non riuscire a fare calcoli, soddisfare bisogni extra ci permettere di non mettere in atto questa normalità. Non possiamo giudicare i vizi delle persone, in questo periodo si è persa la normalità". "La pandemia – prosegue – ci ha colto impreparati e ne stiamo uscendo ancor più impreparati. Siamo stati troppo tempo fuori al balcone e poco a coltivare le relazioni. Si sono volute le chiese aperte: la realtà è che oggi sono poco frequentate e non certo per un fattore di capienza ridotta. Il cittadino vuole le sue libertà, ed è giusto così. Mi dispiace, però, vedere poche situazioni di libertà e tante occasioni di libertinaggio". Il rimedio? "La solidarietà è il fertilizzante, l’humus della vita sociale. Lo abbiamo visto con benefattori e benefattrici che hanno messo in campo tempo e risorse economiche in questo momento di difficoltà. A questo si deve sommare la carità, l’amore, il tratto distintivo dei cristiani", aggiunge Faralli.

Giù le maschere, non le mascherine. Quel tanto invocato cambiamento delle persone durante la pandemia, probabilmente, ci ha relegato a cittadini impoveriti. Non economicamente, ma dal punto di vista sociale e relazionale.

A.D.