Le prime parole italiane di Mustafa fra riso e pollo

La gioia dei piccoli nell’esplorare la nuova casa e quel saluto che vale più di mille parole: così la famiglia ha iniziato la sua vita senese

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"Ciao, ciao". Le prime due parole in italiano, il piccolo Mustafa le ha pronunciate per salutare l’arcivescovo Augusto Paolo Lojudice, don Vittorio Giglio e gli altri delegati del Sipa, tra cui Luca Venturi. Poi un bacino della buonanotte, inviato da lontano, prima che chiudessero alle la porta della residenza della Caritas ad Arbia che, da ieri è la sua nuova casa: due ampie camere, bagno, cucina con annesso soggiorno. La stessa dove il padre Munzir, la mamma Zeynep e le due sorelline venerdì hanno cenato insieme ai volontari Caritas e all’arcivescovo, ieri hanno iniziato il primo dei dieci giorni di quarantena previsti dalla normativa Covid. Una cena a base di riso, pollo offerti dalla Caritas e uova al tegamino che Zeynep ha cucinato sulle piastre a induzione. Dopo i saluti ufficiali, infatti, la fame nata in quasi 10 ore di viaggio ha iniziato a farsi sentire. E una fra le prime spiegazioni per le quali è stato necessario l’intervento dell’interprete è stata proprio per spiegare l’uso delle piastre a induzione.

"Uno fra i momenti più toccanti invece – raccontano i presenti – è stato quando Munzir, non appena l’arcivescovo è entrato nella stanza si è alzato e, senza stampelle, ha cercato una sedia per porgergliela e farlo accomodare. Credo che questo sia uno dei messaggi più forti: il legame che si crea fra chi viene ospitato e riesce comunque a fare gesti di ospitalità". I piccoli duranti la serata, con le ultime energie rimaste, hanno esplorato l’abitazione, giocato e sono stati vicini ai genitori. Poi il congedo dalle donne e dagli uomini dell’Arcidiocesi e quel saluto spedito con un bacio dal piccolo Mustafa prima di chiudere gli occhi. "Ciao, ciao". Le ultime parole della sera, le prima di una nuova vita.

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