"La seconda ondata non ha chiuso i reparti Il pre-triage è stata un’idea del Policlinico"

Il direttore del Pronto Soccorso Giovanni Bova: "A Siena nessuna diminuzione degli accessi di pazienti non Covid. Questa pandemia si combatte tutti insieme, dai medici di base alle squadre Usca, dai laboratori alla sanità territoriale"

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"La seconda ondata della pandemia non si è associata al momento ad un lockdown, questo fa sì che rispetto al periodo marzo-aprile, quando abbiamo avuto il primo picco Covid, gli accessi non siano diminuiti in maniera così sensibile e si attestano ancora intorno ai 100 al giorno", dice il dottor Giovanni Bova, direttore del Pronto soccorso delle Scotte, in un quadro della sua Unità al tempo del Covid.

Il pre-triage riesce ad intercettare tutti i possibili pazienti Covid o l’asintomatico sfugge?

"L’Azienda ospedaliero-universitaria Senese è stata il primo ospedale italiano a instaurare il pre-triage, attivo dal 14 febbraio. Insieme a tutte le altre misure previste, soprattutto il corretto uso dei dispositivi di protezione individuale, ha consentito di ridurre la possibilità di contagio tra gli operatori e tra i pazienti. Con la seconda ondata purtroppo assistiamo ad una maggior diffusione dell’infezione, anche tra i pazienti asintomatici o condotti in Pronto Soccorso per altro motivo. Questo fenomeno influisce sulla possibilità di individuare criteri stringenti di screening e, di conseguenza, di intercettare tutti i pazienti. Tuttavia, la maggior parte dei casi non ha interessato il pre-triage in quanto sono risultati positivi pazienti condotti con elisoccorso per traumi stradali oppure per ictus. Il pre-triage rimane una misura necessaria e utile ma, perché mantenga la sua efficacia, occorre una maggior collaborazione da parte della cittadinanza. Chi si reca in ospedale lo deve fare per una stretta necessità e deve essere estremamente rigoroso verso se stesso nel percepire e dichiarare eventuali contatti o sintomi sospetti".

L’attività dell’emergenza-urgenza risente della pandemia?

"In epoca Covid in tutta Italia abbiamo assistito ad una riduzione fino al 40% degli accessi in Pronto Soccorso. Il calo ha riguardato soprattutto i codici minori. Da noi i pazienti con patologia maggiore continuano ad arrivare: il numero di ricoveri giornalieri per patologie non Covid anche durante la pandemia si è scostato molto poco da quello degli altri anni e i codici 1 sono addirittura aumentati".

Pensa ci sia bisogno di maggiori risorse professionali dedicate?

"La nostra attività è stata rimodulata con medici, infermieri e operatori socio sanitari dedicati all’area Covid del Pronto Soccorso. In quanto Azienda ospedaliero-universitaria, siamo coadiuvati dai medici in formazione specialistica, alcuni di loro agli ultimi anni sono stati inseriti direttamente nell’assistenza con contratti semestrali. È stato appena espletato un concorso regionale per medici nell’Emergenza Urgenza ed un concorso per laureati in scienze infermieristiche dai quali confidiamo di attingere le risorse necessarie all’attività. Tutto il sistema dell’emergenza nazionale versa da tempo in una grave carenza d’organico. Ho partecipato personalmente ad incontri regionali e nazionali della Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza e con i sindacati di categoria per analizzare e formulare proposte in materia. Le carenze potranno essere sanate solo nel medio-lungo periodo anche grazie agli sforzi della Regione".

Il pronto soccorso convive con il Covid?

"Il Pronto Soccorso effettua una attenta valutazione dei pazienti con Covid e dei criteri di ricovero. Il concetto di team è quello che si è rafforzato costantemente in questo periodo di pandemia e di questo team debbono far parte tutti: i medici di medicina generale, i medici delle USCA, i medici del 118, il Pronto Soccorso, i colleghi del laboratorio, i colleghi delle Covid Unit ma anche e soprattutto i pazienti e le strutture territoriali. Solo con l’impegno di tutti reggeremo l’urto e usciremo dal tunnel".

Paola Tomassoni