"Indagini puntate solo sulla tesi del suicidio"

Caso David Rossi, parla il giornalista Davide Vecchi: "Troppi errori e incomprensioni soprattutto nella prima fase dell’inchiesta"

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SIENA

"Le indagini preliminari sono state fatte male e anche quelle successive sono state indirizzate solo nel voler confermare la tesi del suicidio". E’ quanto ha espresso Davide Vecchi, oggi direttore del Gruppo Corriere, allora inviato de Il Fatto Quotidiano, di fronte alla commissione d’inchiesta sulla morte di David Rossi. E’ stato un lungo racconto il suo. Vecchi ha ripercorso tutto il suo lavoro sul caso, focalizzandosi sui momenti chiave di quello scandalo che prima ha travolto banca Mps poi, tingendosi di giallo, ha fatto i conti con il decesso del responsabile della comunicazione.

Quello che a Vecchi tutt’ora non convince sono gli enormi interrogativi che restano intorno alla vicenda. I membri della commissione, prima che l’audizione fosse secretata, hanno chiesto al giornalista spunti utili per per capire come si sono mossi i professionisti che si sono occupati del caso.

A "Il Fatto Quotidiano" e nel suo libro "Il caso David Rossi. Il suicidio imperfetto del manager Monte dei Paschi di Siena" Vecchi ricostruì l’intera vicenda, mettendo in primo piano tutte le incongruenze e gli errori commessi dagli inquirenti nella prima indagine.

"Ho riportato gli stessi dubbi scritti nel mio libro - spiega Vecchi - . In audizione ho messo in primo piano alcuni momenti chiave delle indagini". Indagini chiuse entrambe con l’archiviazione. "Per sintetizzare sette anni di lavoro su Mps, Siena e Rossi servirà una giornata, a occhio. O faccio prima a regalare loro il libro", aveva scritto tre giorni fa sul "roprio profilo facebook.

Ieri, invece, alla domanda: "Lei che idea si è fatto di questa vicenda?" Vecchi ha risposto che un’idea precisa non ce l’ha, ma "l’unica cosa certa è che le indagine sono state fatte male".

Vecchi ha voluto mettere, però, nuovamente in risalto il lavoro portato avanti due anni dopo dal Pm Andrea Boni, il quale (prima di essere trasferito altrove) ha reso evidenti tutte le falle, le carenze, i buchi della prima indagine, usando tutti gli strumenti a sua disposizione per fare il suo mestiere, ovvero individuare la realtà, qualunque essa sia stata.

Boni aveva, infatti, dato mandato ai Carabinieri della polizia giudiziaria di individuare e sentire il personale del servizio 118 al fine di cercare di chiarire se al momento del loro intervento la camicia del Rossi fosse o meno lacerata, se prima di girare il corpo si fossero resi conto dei pantaloni sporchi, se avessero visto o meno il cinturino, la cassa dell’orologio, e se si fossero resi conto delle condizioni delle punte e delle suole delle scarpe.

La sua è stata la prima delle testimonianze che coinvolgeranno i giornalisti che si sono occupati del caso. Nelle prossime ci saranno, infatti, i giornalisti delle Iene Antonino Monteleone e Andrea Occhipinti (il 22 luglio), mentre il 29 ci sarà Paolo Mondiani di Report. Il lavoro della commissione va angti per cercare di capire la verità, davvero fino in fondo.

Simona Sassetti