In palio non c’è solo un posto a Roma Dal voto dipendono i futuri equilibri

Tre anni fa alle urne quattro blocchi contrapposti. Mps, Scienze della Vita, cultura e infrastrutture i grandi temi in gioco

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Sarà una corsa doppia, quella che domani e lunedì si terrà per le elezioni suppletive nel collegio senese. La prima, quella che conta veramente: la sfida per il seggio della Camera, in ballo c’è anche molto di più soprattutto per il segretario Pd Enrico Letta, perché in caso di sconfitta le conseguenze sarebbero traumatiche per il suo partito e, chissà, anche per il governo. Ma la seconda, inevitabilmente, sarà quella della lettura tutta senese e già proiettata alle comunali del 2023 nel capoluogo. Dando per assodato che i numeri di competizioni diverse non sono sovrapponibili, la tentazione di proiettare i risultati sarà inevitabile e irresistibile per tutti gli osservatori politici.

Si parte dal 2018, quando a marzo si votò per il Parlamento e a giugno per il Comune. La prima competizione fu vinta, ma con meno tranquillità del previsto, dal Pd con Padoan, che superò di circa seimila voti il leghista Borghi: 53.457 voti contro 47.694.

Certo, incognita non da poco, sul tavolo restano i 33.092 voti del grillino Franci. I Cinque Stelle non sono presenti come non lo furono alle comunali di tre anni fa (la mancata certificazione della lista pentastellata fa ancora discutere gli ex appartenenti al Movimento), il deputato Migliorino ha dichiarato l’appoggio a Letta, ma come si muoveranno gli elettori di quella formazione che ha mutato radicalmente pelle? Il calcolo percentuale allora segnò 36,18%, 32,28%, 22,4% per i tre principali competitori, con Fulvio Mancuso di Liberi e Uguali al 3,76% (e 5.559) voti, a seguire tutti gli altri con percentuali fino all’1,5%.

In quello stesso giorno, nelle sezioni del Comune di Siena Padoan ottenne 12.242 voti (curiosamente, i voti che più o meno servono per essere eletti sindaco al ballottaggio), Borghi 10.053, rispettivamente con il 38,34% e il 31,48%.

E tre mesi dopo? Intanto i votanti: per il Comune 5.500 in meno rispetto alle politiche. Poi chiaramente, il dato condizionato dalle liste civiche e dall’esercito di candidati della porta accanto, capaci di drenare voti ben al di là di appartenenze partitiche e ideologiche. Al ballottaggio De Mossi si impose con 12.085 voti contro gli 11.687 di Valentini, mentre al primo turno i consensi erano stati molto più contenuti: 7.237 per Valentini, 6.400 per De Mossi (i partiti del centrodestra tutti insieme arrivarono appena sopra al 15%), Piccini con la sua sola lista civica Per Siena a quota 5.617.

C’è già da scommettere che, in base ai risultati, chi otterrà il risultato migliore lo proietterà sul voto per le comunali, chi sarà indietro con i numeri negherà la possibilità di un corretto riscontro. Ma è innegabile che in qualche modo i primi tre anni e mezzo di amministrazione di centrodestra potranno influenzare in un senso o nell’altro chi si recherà alle urne nelle prossime 48 ore. Il sindaco non si è certo risparmiato in campagna elettorale, apparendo al fianco di Marrocchesi Marzi in ogni occasione possibile e affiancando ministri e leader nazionali. Dall’altra parte, il Pd aspetta l’occasione per rialzare la testa dopo aver assaggiato per la prima volta il pane duro dell’opposizione.

Che poi, a dirla tutta, se fra qualche giorno precipiterà la vicenda Monte dei Paschi come da alcuni paventato, anche le chiavi di lettura di questo voto sarebbero già da riscrivere.