Il nuovo rettore Di Pietra e la sfida del Pnrr "Da economista saprò gestire i fondi Ue"

Il giorno dopo l’elezione, il vertice dell’Ateneo è già impegnato nel lavoro per costruire la "squadra migliore e più motivata". Il messaggio forte e chiaro sull’Area medica: "Occorre definire il rapporto con l’Aou Senese, acronimo nel quale la ’U’ sia maiuscola"

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"Emozionato? Non succede tutti i giorni di diventare rettore di un ateneo con oltre 780 anni di storia. C’era l’ansia del lavoro fatto in questi mesi e, ieri, sono stato fino alle 2 di notte a rispondere a messaggi: sono ancora frastornato". Il professor Roberto Di Pietra si è svegliato da rettore dell’Università degli Studi, dopo la sorpresa di mercoledì quando sul maxi schermo dell’aula magna lo scrutinio telematico lo ha visto vincere con 416 voti sulla collega Sonia Carmignani, per sole sette lunghezze dopo aver girato da secondo alla prima votazione.

Il professor Di Pietra, originario di Trapani, classe 1967, è arrivato a Siena nel 1985 da studente per laurearsi in Scienze economiche e bancarie nel 1990, quindi il dottorato di ricerca a Pisa e la specializzazione in Discipline bancarie di nuovo a Siena. Da quasi trent’anni a Siena, percorre tutta la carriera accademica, come associato prima a L’Aquila e nel 1998 il ritorno a Siena, dove è ordinario di Economia Aziendale: è stato direttore del Dipartimento di Studi aziendali e giuridici dal 2015 al 2021 e componente del Senato Accademico dal 2016 al 2021. "Questa mattina (ieri per chi legge) avevo gli esami, sono docente e lo sarò ancora, anche da rettore insegnerò ’International accounting and management’, corso in inglese della Scuola di economia. Del resto l’insegnamento è un pezzo di me, non posso farne a meno, come del rapporto con gli studenti. Mi piace".

La sua elezione è arrivata a sorpresa?

"Senza il conteggio delle schede bianche ci siamo resi conto che la seconda votazione sarebbe stata un ballottaggio: chi prendeva un voto in più, ne usciva eletto. Dunque sia io che la professoressa Carmignani sapevamo che poteva andare in un senso o nell’altro ed entrambi godevamo di un grande sostegno. L’esito è nel gioco della democrazia interna, con una partecipazione al voto mai vista prima, oltre il 90 per cento dei docenti si è espresso. Credo anche che entrambi abbiamo preso voti in tutti i Dipartimenti".

Il ritiro del professor Dotta ha inciso? Come?

"Ha liberato voti, che penso siano andati al 50 per cento".

C’è chi sospetta accordi.

"Sospetti non è il termine giusto; è normale che ci siano idee più vicine a uno che all’altro".

Nelle sue deleghe terrà conto degli altri candidati?

"Non ho ancora avviato il lavoro sulla squadra. C’è un percorso logico da seguire: sarà composta nella maniera più ampia e inclusiva dopo la consultazione con i colleghi. Dovrà uscirne una squadra motivata".

C’è chi la vede come erede, continuatore del rettorato di Riccaboni, docente del suo stesso dipartimento. E’ così?

"Non si procede né per cesure né per salti. Ci sono iniziative del rettore Frati che arriverranno a completamento nel mio mandato e altre no. Penso al polo didattico di Medicina, iniziato con Riccaboni e proseguito con Frati per arrivare poi a me. Intanto il mio lavoro inizierà prendendo le consegne dal professor Frati".

Quale è la sua idea dell’ateneo di domani?

"Quella di un ateneo in vetta alle classifiche, come quella Censis. Un ateneo di medie dimensioni ma più robusto, migliorado nell’attrazione di studenti e nell’offerta formativa".

E l’area medica?

"E’ una delle priorità. Occorre intanto definire il rapporto con l’AouSenese, acronimo nel quale la ’U’ sia maiuscola. Poi ci sono i poli delle Scienze della vita, Scienze sociali, l’area Umanistica, eccellenze da valorizzare. Con la consapevoleza che con il prossimo Biotecnopolo, le scienze della vita sono destinate a crescere ancora".

C’è chi sostiene che, con all’orizzonte i fondi Pnrr, un economista possa gestire meglio di altri l’Università.

"Credo che occorra saper gestire questi soldi europei in arrivo. Non solo spenderli. I progetti su cui investiremo devono lasciare risultati concreti, tangibili per l’ateneo e la società".

Paola Tomassoni