Il Monte in vendita aspetta i nuovi partner E intanto fa i conti sugli esuberi in direzione

Banco Bpm raffredda le indiscrezioni: "Nessun contatto con Siena, parlate con gli advisor". Unicredit concentrata sul nuovo ad. A Rocca Salimbeni riunioni sul piano di Oliver Wyman, con 2.670 dipendenti da tagliare, circa 900 nel quartier generale

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di Pino Di Blasio

La prima mossa di ieri nel risiko della finanza italiana è quella di Banco Bpm. Appena letti i titoli di alcuni giornali che collegavano l’apertura della ’data room’ del Monte dei Paschi a nuovi corteggiamenti verso altri acquirenti diversi da Unicredit, con l’istituto guidato da Castagna in cima alla lista dei potenziali partner, è arrivata la nota che ha gettato un secchio di acqua fredda sulle indiscrezioni. "Abbiamo più volte dato nostri commenti sulle opzioni preferite di aggregazioni della nostra banca che non includevano MPS. In ogni caso sinora non abbiamo avuto alcun contatto e nel caso abbiamo degli advisor che monitoreranno la situazione qualora fossimo richiesti", hanno comunicato fonti di Banco Bpm.

Nel caso Credit Suisse e Mediobanca invitassero l’istituto a guardare nella data room del Monte, saranno gli advisor del Banco, Lazard e Citi, ad analizzare la situazione. Finora non c’è stato nessun contatto.

Il primo giorno con i conti in vetrina si chiude così, con qualche invito declinato. Da parte sua il Monte dei Paschi, con l’ad Bastianini alla guida della struttura, ieri ha cominciato a esaminare il piano ’stand alone’ 2021-2025 elaborato da Oliver Wyman, con una serie di analisi e confronti tra gli alti dirigenti riguardo al numero degli esuberi previsti nel caso il Monte continuasse ad operare da solo. Rispetto ai 2.670 tagli netti di dipendenti, senza contare le eventuali assunzioni, ci sarebbero 900 posti di lavoro da cancellare nella direzione generale a Siena. Quasi la metà non contando i 300 addetti al Consorzio. E si tratta di posti full-time equivalent, contratti indeterminati, non part-time o a termine. Non si sa a cosa porterà l’analisi iniziata ieri. Ma qualcosa bisognerà pur inventarsi per far sopravvivere la banca.

La mossa di aprire la data room per sgombrare il campo dalle polemiche sui regali governativi pronti per Unicredit e su un’operazione di fusione voluta solo dalla politica e non dalla finanza, è stata un’idea intelligente da parte del consiglio d’amministrazione di Rocca Salimbeni. Un modo per mostrare i conti e le voci positive del Monte senza veli, senza ritocchi e con la giusta sottolineatura degli obiettivi raggiunti: dalla cessione degli npl a Amco agli accantonamenti, dalla raccolta diretta ai 4 milioni e mezzo di clienti, assieme al reale fabbisogno di capitale.

Inoltre la strategia del Tesoro di puntare tutto su Unicredit, forzando anche un acquirente riluttante, nonostante l’affare Monte forse conviene più all’UniTower che al Governo, non ha fimnora pagato e ha portato solo a una promessa di aumento della dote matrimoniale. Con tutti i progetti industriali e i benefici di una fusione demandati agli advisor e alle ipotesi di dare un contentino alle istanze della Toscana e di Siena.

A proposito di richieste territorali, oggi va in scena un consiglio comunale al Santa Maria della Scala che ha riacquistato un po’ di importanza. Nonostante la partecipazione della Fondazione Mps sia ridotta da tempo allo 0,0032%. La bozza dell’ordine del giorno che sarà discussa e poi presumibilmente votata dai consiglieri, ruota attorno alla persistenza del Monte dei Paschi come banca legata al territorio. Siena non vuole una piccola banca toscana che operi per un paio di anni e poi venga assorbita dal futuro, eventuale, acquirente. Come è accaduto per la Cassa di Risparmio di Firenze (che almeno ha resistito una decina d’anni come entità autonoma) o per gli altri istituti comprati da una banca più grande.

Se il Tesoro e Unicredit (che ha tutto l’interesse, nel caso di fusione, di valorizzare al massimo il marchio Monte dei Paschi) credono nello spin off illustrato dagli advisor, dovranno dargli più forza di mercato e strategia industriale. Allargando il perimetro anche fuori dalla Toscana, aprendo il capitale ad altri azionisti a cominciare dalla Fondazione. Questo è ciò che chiederà Siena. Ottenerlo è tutta un’altra storia.