Gli ’eroi vili’ di Leopardi Commercianti al lavoro nella Napoli del colera

La riflessione del presidente. Ascheri sullo Zibaldone. L’ossimoro sui ’no vax’. ante litteram del poeta

di Raffaele Ascheri

L’analisi dello Zibaldone ed anche dei Pensieri, che dello Zibaldone sono in qualche modo la continuazione dopo il 1832, è un esercizio intellettuale a dir poco stimolante; anche perché, all’interno di queste due opere (che il recanatese non intendeva pubblicare, va sempre ricordato) vi sono continui spunti legati all’attualità contemporanea, anche alla più cogente. Bisogna stare attenti a non tirare Leopardi per la giacchetta, nonché a non cadere nel sempre in agguato anacronismo; ciò detto, in certi casi l’attualizzazione è davvero ineludibile.

Sentite per esempio cosa scrive Leopardi, durante l’epidemia di ’cholera morbus’ che stava flagellando quella Napoli in cui, nel 1837, trovò poi la morte: "un coraggio più abbietto e disprezzabile che la paura", per lui, è quello dei commercianti, i quali "ostinatamente ricusano cautele e provvidenze necessarie alla loro conservazione, e si mettono a pericoli estremi, dove non di rado, eroi vili, periscono con morte vituperata".

I commercianti che continuano a lavorare durante il colera, dunque - designati con il pregnante ossimoro di ’eroi vili’ - sono, per il recanatese, del tutto censurabili, anteponendo l’interesse di bottega a quello della salute pubblica: certo, illo tempore i famosi ristori la dinastia borbonica non li elargiva, che si sappia. Di sicuro, con un padre a sorpresa ipervaccinista come Monaldo (il vaccino di Jenner, quello contro il vaiolo, ovviamente), e con le sue idee appena esposte, Giacomo Leopardi oggi sarebbe stato assoldato come testimonial delle politiche governative.