Giro di usura, parla una vittima

I pm Menicucci e Ludovici hanno ottenut l’incidente probatorio: racconto di sei ore

di Laura Valdesi

SIENA

Sei ore, dalle 9 fin quasi alle 15. Una deposizione a tratti intensa. Altri ruvida, tanto che la voce si alzava e s’intuivano toni duri. Dietro la porta dell’aula al terzo piano del tribunale, rigorosamente chiusa, scorreva un fiume di parole. Quelle di un imprenditore della nostra provincia che è una delle principali presunte vittime della famiglia della Valdichiana accusata di usura nell’ambito dell’inchiesta condotta da carabinieri e finanza, coordinati dai pm Serena Menicucci e Niccolò Ludovici. Un giro di prestiti concessi a tassi stellari – dal 25% al 912%, sostiene la procura – che ha condotto nel luglio scorso all’arresto di padre e figlio, il primo residente a Sinalunga, l’altro a Torrita. Accusati di estorsione ed usura mentre la moglie del capo famiglia, considerato la ‘mente’, è indagata solo per quest’ultimo reato. Era in aula ieri mattina la donna, accanto all’avvocato Stefano Del Corto. Non ha perso una battuta del racconto della vittima , durato come detto quasi sei ore, nell’ambito dell’incidente probatorio davanti al gip Ilaria Cornetti chiesto ed ottenuto dai due pm. Quello di ieri è stato tra l’altro solo il primo tassello delle testimonianze che intendono cristallizzare da subito. Poi toccherà ad ulteriori due presunte vittime e nella terza udienza ad un altro paio. Imprenditori e commercianti che non riuscivano mai a restituire il capitale e pagavano una sorta di obbligazione perenne. Tutto condensato in tre faldoni d’indagine condotte da finanzieri e carabinieri ieri fuori dall’aula al terzo piano perché il gip ha detto ‘no’ alla loro presenza all’incidente probatorio. A mascherare il giro di usura in Valdichiana sarebbero state fatture per operazioni inesistenti volte a giustificare il denaro che transitava nei conti correnti degli indagati. Ci sono intercettazioni telefoniche e una mole di documenti a supporto delle accuse a cui si è giunti grazie al ritrovamento di un anello del valore di circa 20mila euro durante una perquisizione che un carabiniere ha ricollegato ad una presunta vicenda di strozzinaggio. Reato su cui la procura tiene la guardia alta, a maggior ragione in un periodo critico come l’attuale sebbene il giro su cui si indaga risalga molto indietro nel tempo.