Laura Valdesi SIENA Era entrata nella sua casa, in Camollia, per aiutarla con la mamma che aveva necessità di qualcuno accanto. Era stata cacciata, circa due mesi dopo, perché sospettata di aver portato via diversi gioielli di famiglia alla donna. Alcuni di valore, altri lo erano soprattutto per gli affetti, non ultimi quelli contradaioli in quanto la derubata è dell’Oca. La badante – si tratta di una donna rumena di 51 anni che viveva ad Asciano – è stata condannata ieri in rito abbreviato dal giudice Andrea Grandinetti ad 8 mesi, pena sospesa, per il furto aggravato dall’abuso di prestazione d’opera. Ha disposto inoltre che risarcisca il danno morale alla vittima per 1000 euro mentre quello patrimoniale verrà definito in sede civile. Tutto era iniziato appena usciti dal covid. Era il luglio 2020 quando aveva avuto accesso all’abitazione della signora senese che abita nel centro storico della città. Serviva la presenza di una persona per la madre quando la figlia era fuori per lavoro. Non immaginava che la rumena avrebbe iniziato quasi subito a rubare, come risulterà più avanti quando verranno riscontrati dal compro oro i registri dove accanto al nome della straniera c’era la descrizione dei gioielli portati via alla contradaiola dell’Oca. Una prova schiacciante, come ha sottolineato l’avvocato di parte civile Caterina Elia. Spiegando al giudice che erano scomparsi tredici oggetti preziosi di rilevante valore. C’era anche un anello dell’Oca (questo però non è stato ritrovato, né portato al compro-oro forse perché troppo riconoscibile), oltre alla fede della madre. Altri pezzi ancora con pietre preziose e di foggia particolare. Quando erano iniziati a sparire sulle prime si era pensato persino ad una sbadataggine della madre della vittima. Ma le cose non tornavano. Così per fare una ’prova’ avevano lasciato 50 euro: subito sparite. Non poteva che essere la badante. Così l’aveva denunciata senza pensarci su, atto a cui era seguita una perquisizione nell’abitazione della straniera con esito negativo. Non fu trovato niente. "Però subito dopo la mia assistita – osserva l’avvocato Donato Cialdella – aveva confessato spiegando dove aveva portato la refurtiva". E che lo aveva fatto perché dopo il Covid si trovava in difficoltà economiche. Purtroppo, però, essendo trascorso troppo tempo dal deposito l’oro era già stato fuso. Il nome accanto alla descrizione degli oggetti risultava tuttavia quello della badante.