LAURA VALDESI
Cronaca

Fra’ Giacomo, dalla laurea in economia al saio

Domenica scorsa ha preso i primi voti in Polonia dove sono volati i genitori e il vescovo Manetti. Così il 28enne racconta il suo percorso

Fra Giacomo fra il vescovo Manetti e i genitori

Montepulciano, 27 agosto 2020 - «Nonna Gina, morta quando avevo 5 anni, era terziaria francescana. Sono certo che mi guarda da lassù, felice per me», racconta Giacomo Mariotti. Questo ragazzo semplice e diretto, 28 anni e una famiglia con cui è cresciuto ad Acquaviva di Montepulciano, domenica scorsa ha preso i primi voti di castità, povertà ed obbedienza in Polonia, vicino a Poznan dove si trova la sede principale dei frati minori di cui ora indossa il saio. «Sì, sono Fra Giacomo», racconta appena rientrato in famiglia dove resterà fino a metà settembre prima di tornare in Polonia per iniziare il seminario. «E’ stata una bellissima sorpresa che sia venuto anche il vescovo Manetti. La mia è la prima vocazione dopo dieci anni nella nostra diocesi», spiega Mariotti.  Quanta strada e quante ‘battaglie’ interiori ha combattuto Fra Giacomo prima di trovare il percorso che lo fa ora sentire «contento e realizzato. Anche i miei genitori hanno ritrovato il sorriso. Quando lavoravo in azienda ero sempre scuro in volto, arrabbiato», spiega. Sì, perché Giacomo è un giovane brillante negli studi che ha frequentato il liceo scientifico a Montepulciano, laureandosi poi alla facoltà di Economia a Siena in Management con 110.  Una bella virata, da futuro manager a francescano.  «Tutto è iniziato da un pellgrinaggio a Medjugorje. Era stato organizzato da una parente con il suo gruppo di preghiera, mi pagò il viaggio come regalo per la maturità. Provai lì un grande senso di pace e incontrai tante persone che riscoprivano l’a-b-c della fede». Ma invece di studiare teologia l’iscrizione ad Economia. «Lo valutai, escludendolo. Non ero certo da subito di voler diventare quello che oggi sono. Decisi di fare le stesse cose dei coetanei e intanto capire di più di me stesso. Siena la porto nel cuore. Andavo a lezione ma spesso mi ritrovavo in chiesa, alla cappella universitaria, sovente a San Francesco. Seguivo le lezioni ma non erano nelle corde dei miei interessi. Continuavo a provare un senso di inquietudine al quale non riuscivo a dare un nome. Partecipavo più volentieri agli incontri di spiritualità che ai seminari organizzati dall’Ateneo».  Però ti sei laureato brillantemente.  «Dopo la triennale feci sei mesi di Erasmus in Svezia. ma restava il senso di insoddisfazione. Furono durissimi gli ultimi due esami e la tesi. Non m’interessavano più, però non volevo lasciare le cose a metà. E continuavo a sentirmi perso».  Anche le prime esperienze di lavoro non sono state una passeggiata.  «Mi aveva chiamato una grande società di revisione del nord, ma al carrierismo dove il tempo non basta mai preferii un’azienda di consulenza informatica della nostra provincia. Restava però quella vocina dentro a cui non sapevo rispondere. Finché un volta un collega mi sferzò pronunciando una frase ‘non c’hai capito niente’, riferito al mio comportamento distaccato a lavoro, che traslai alla vita».  Folgorante. Di qui l’inizio del dialogo con un padre polacco dei frati minori di Sinalunga. «‘Vedo in te una vocazione, perché non approfondisci’. Non volevo ammettere che forse Dio poteva avere un progetto per me. Era un mercoledì, nel novembre 2018, quando mi disse ‘se vuoi sono in Polonia, puoi volare da noi ti faccio parlare con il padre provinciale’. Comprai il biglietto per Cracovia il giorno stesso. E alla fine lasciai il lavoro. La frase che porto sempre nel cuore? Se tutti facessero la volontà di Dio il tasso di disoccupazione scenderebbe a zero».