Finti carabinieri e posti di blocco Banda in trappola: otto fermi

Scoperti gli autori della tentata rapina a due medici senesi

di Laura Valdesi

SIENA

In barba al Covid. Dopo un colpo avevano organizzato una grande festa per brindare e dividersi il bottino, senza rispetto per le regole anti-assembramento. C’è un video che lo documenta. Dove si vede che ad un ragazzino viene regalato un orologio pregiato appena rubato. Una banda senza scrupoli, che si faceva beffe delle forze dell’ordine nelle intercettazioni ambientali e anche nella realtà. Tanto da fingersi carabinieri, indossando pettorina e lampeggiante con tanto di pistola (che ancora non si trova) per fermare le vittime come se fosse un controllo, rapinandole. E inseguendole: era accaduto sulla Siena-Bettolle ad una coppia di giovani medici senesi che nel gennaio scorso erano riusciti a fuggire, dando l’allarme in quanto la fidanzata aveva letto dei colpi dei falsi militari in Umbria comprendendo di assistere allo stesso film. Ma ieri mattina i carabinieri, quelli veri, coordinati dal maggiore Alberto Pinto che comanda la compagnia di Siena, si sono presentati all’alba a casa di otto persone, tutte di origine sinti, appartenenti ad un gruppo criminale dedito appunto a rapine e furti al bancomat e alla ricettazione del provento delle scorrerie. Nei loro confronti è stato emesso un fermo di indiziato di delitto dalla procura che temeva il pericolo di fuga. Cinque sono già stati presi fra Roma, Tivoli, Teramo e Assisi grazie all’operazione coordinata dal procuratore Salvatore Vitello e dal pm Siro De Flammineis. Altri tre hanno le ore contate. O si costituiranno visto che sono braccati dall’Arma che iniziate le indagini durante l’estate, da gennaio ad aprile ha ricostruito un quadro schiacciante inchiodando la ‘famiglia’ alle sue responsabilità. Perché gli otto sono fratelli, cugini e nipoti. Tredici i capi di imputazione che vengono loro contestati a vario titolo fra rapine e furti con spaccata ai bancomat. Ma l’elenco si potrebbe allungare visto che la banda dei finti carabinieri e dei posti di blocco farlocchi aveva colpito in meno di 24 ore, dalle 19 di sabato 9 gennaio alle 18 di domenica 10, tra Foiano e Sinalunga, a Tuoro sul Trasimeno e infine a Badicorte, a un passo dal casello A1 di Monte San Savino dove una coppia era rimasta vittima di una rapina venendo picchiata e derubata di gioielli, soldi e cellulari. I carabinieri delle province di Arezzo e di Perugia stanno indagando, l’episodio senese invece è già chiarito.

"Spregiudicati", i componenti della banda. Così li ha definiti il procuratore. Al punto da compiere una rapina rocambolesca in una concessionaria di Montevarchi osando troppo. Avevano bisogno di macchine per furti e rapine, così le rubavano. Oppure mettevano targhe prese da altre vetture. Si erano presentati con la scusa di provare un’Audi bianca A3, usata poi per tentare di rapinare i due medici senesi lungo il Raccordo. Il malvivente mentre era a bordo con il titolare per testarla, ha fatto finta che fosse stato urtato qualcosa. Il rivenditore si è sporto e il ladro l’ha spinto fuori dalla vettura fuggendo. Inseguito in strada da una dipendente, come documenta il filmato della telecamera. L’Audi 3 era diventata l’auto più ricercata dai carabinieri vista la sequenza di colpi fra l’Aretino e il Perugino. Era ricomparsa sabato 9 gennaio, intorno alle 19. Nel mirino due medici, che avevano capito di avere a che fare con malviventi sebbene con lampeggianti e pettorina dei carabinieri quando si eranoa vvicinati. Così erano fuggiti. "All’uscita di Bettolle – aveva raccontato a La Nazione il dottore il 13 gennaio scorso – ho rivisto l’Audi che aveva fermato altre due vetture. Ho rallentato, mi sono messo a suonare il clacson per farli desistere. In effetti ho notato che poi l’Audi imboccava l’uscita di Sinalunga". Pericolo scampato per altre potenziali vittime. "Sono grato alle forze dell’ordine che hanno svolto egregiamente il loro lavoro assicurando alla giustizia queste persone", il commento a caldo dell’uomo non appena informato dell’operazione conclusa dai carabinieri.

La banda poteva contare su numerosi appoggi logistici nel centro Italia che fornivano ai 19 indagati (fra cui gli otto fermati) un costante sostegno nell’attività unitamente ad una continua interscambiabilità nei ruoli durante i colpi. Nel corso del blitz eseguite anche otto perquisizioni con l’aiuto del nucleo cinofili di Firenze e Roma.