"Gestione del parto piena di trappole"

Il professor Felice Petraglia invita a rivolgersi ai centri specializzati

Il policlinico  di Siena è un’eccellenza nel panorama nazionale Nel 2015 qui sono nati circa 1300 bambini ed esiste  un Centro per le gravidanze a rischio che sta diventando progetto nazionale  (foto d’archivio)

Il policlinico di Siena è un’eccellenza nel panorama nazionale Nel 2015 qui sono nati circa 1300 bambini ed esiste un Centro per le gravidanze a rischio che sta diventando progetto nazionale (foto d’archivio)

Siena, 7 gennaio 2016 -  MORIRE di parto. Nel mondo succede, eccome: l’emorragia post partum è la prima causa di morte materna. Ma non in Italia: l’Istituto superiore di sanità ha censito, tra 2013 e 2014, 39 casi mortali e nella classifica sulla mortalità materna dell’Organizzazione mondiale della sanità l’Italia è ai primi posti (terza) per il contenimento del fenomeno. Le sono attribuiti circa 20 eventi infausti l’anno, ma in realtà la stima è che le mamme vittime del parto siano una cinquantina, 10 ogni 100 mila bimbi nati vivi. Poi ecco quattro donne morte durante il parto (con i loro bambini) in una settimana, tra il 25 e il 31 dicembre scorso, che hanno fatto saltare qualsiasi calcolo, graduatoria e statistica: un’incidenza straordinaria e ancora inspiegabile. «Una casistica clamorosa. Da ciò che si è letto, non è solo la sala parto ad aver fallito ma anche la rianimazione. E’ il caso di far luce su quanto avvenuto: questi eventi tragici sono destabilizzanti, anche per noi», spiega Felice Petraglia, direttore Uoc Ostetricia e Ginecologia delle Scotte dove, solo nel 2015, sono nati circa 1.300 bambini.

Fatalità o altro?

«Sono stati tutti casi diversi, per età, condizioni mediche delle pazienti e ospedali. Anni fa, dopo episodi analoghi in piccoli ospedali del Sud, il Ministero della Sanità decise di chiudere le piccole sale parto, dove nascono meno di 500 bambini l’anno. Qui si parla di 4 ospedali di alto livello del Nord Italia dove l’assistenza al parto è superiore rispetto al resto del Paese. Non si può tirar in ballo la mancanza di esperienza o impreparazione dei centri. L’unica ceertezza è che la gestione di un parto è operazione delicatissima, ancora difficile da prevedere, piena di trappole».

Quali i fattori di rischio in una gravidanza?

«E’ quello cui sta lavorando da anni l’ostetricia: la gravidanza è un fatto fisiologico, che deve rimanere il più naturale possibile. Può però portarsi dietro dei rischi. In almeno il 20% dei casi si verifica qualcosa che esce dal previsto. Possono intervenire infezioni, come mi sembra sia capitato in uno di questi 4 casi; oppure si verificano sanguinamenti forti durante il parto, segnali che qualcosa non va. Obesità, diabete e utero fibromatoso sono altre condizioni di partenza da tenere d’occhio, che possono determinare complicazioni. Allora individuare in anticipo i rischi migliorerebbe molto la prassi ostetrica».

Come si muove il policlinico?

«Anche nella piccola Siena abbiamo avuto casi difficili, legati soprattutto a persone che vengono da fuori e si presentano all’ultimo momento in ospedale. Penso all’estate quando arrivano turiste, di cui non conosciamo il quadro clinico; poi ci sono le straniere, donne dell’Est o dell’Africa, che magari vengono solo per partorire e non parlano nemmeno l’italiano. E’ difficile anticipare, prevedere un rischio in questi casi. Va detto invece che le piccole dimensioni della struttura aiutano a tenere sotto controllo, così come il territorio, fatto di medici e specialisti, collabora ad evitare sorprese. Infine 4 anni fa abbiamo avviato un Centro per le gravidanze a rischio, che sta diventando un progetto nazionale».