Fallimento Ac Siena: 11 indagati e maxi sequestri

Coinvolti i fratelli Mezzaroma, membri del consiglio di amministrazione, consulenti e il collegio sindacale

L'ex presidente del Siena Massimo Mezzaroma (Di Pietro)

L'ex presidente del Siena Massimo Mezzaroma (Di Pietro)

Siena, 9 agosto 2017 - Bancarotta fraudolenta patrimoniale mediante distrazioni di denaro, bancarotta fraudolenta mediante false comunicazioni sociali, bancarotta fraudolenta per pagamenti preferenziali. Sono i capi di imputazione che il pubblico ministero Antonino Nastasi ha ravvisato, al termine delle indagini sul fallimento dell’Ac Siena, a carico di undici persone, coinvolte a vario titolo nell’inchiesta.

Ieri soni stati recapitati gli avvisi di conclusione indagini, con la disposizione del maxi sequestro da 8,5 milioni di euro a carico dell’ex presidente Massimo Mezzaroma effettuato dalla Guardia di finanza di Siena. Gli altri nomi erano in parte già noti, dopo le perquisizioni del novembre 2014.

Accanto a Massimo e alla sorella Valentina Mezzaroma, vicepresidente, figurano Pier Paolo Sganga, già membro del cda e amministratore delegato, i consulenti Christian Pallanch, architetto e responsabile delle infrastrutture, e l’avvocato Alessandra Amato (consulente anche dell’attuale Robur Siena), i membri del cda Giuseppe Bernardini e Alberto Parri, Mario Lattari referente della Black&White Communication (per la vicenda del marchio), i componenti del collegio sindacale Emma Capalbo, Riccardo Losi, Antonino Leggeri. Varie le ipotesi di reato, che per Mezzaroma riguardano anche reati fiscali come dichiarazione fraudolenta, false fatturazioni, omessi versamenti di imposte, accesso abusivo al credito.

 

PER LE ALTRE persone coinvolte, si va dalla contestazione dell’inserimento nel bilancio al 30 giugno 2013 del ‘paracadute’ per la retrocessione che sarebbe stato realmente entrato in cassa venti giorni dopo (sembra questo il caso dei membri del cda) alla distrazione di fondi per pagare alcuni creditori, in danno di tutti gli altri.

Grande attenzione alla vicenda del marchio, che secondo i periti avrebbe dovuto essere valutato 4-5 milioni di euro e non 25 come accaduto, con 22 milioni di euro girati poi all’Ac Siena.

Un finanziamento mascherato, è l’accusa, che non avrebbe potuto essere concesso soprattutto dopo i 20 milioni di perdita registrati nel 2010-2011.

«Negli anni successivi – si legge nella nota della Guardia di finanza – la società non è intervenuta con operazioni di ricapitalizzazione perseverando nella prosecuzione dell’attività sportiva, nonostante le gravi difficoltà finanziarie, mascherate nei bilanci, riuscendo così a rientrare nei parametri della Lega Calcio per l’iscrizione, fino al campionato 2013-2014».