Estremismo di destra, chiuse le indagini

La Dda contesta ad Andrea Chesi anche l’aggravante della finalità del terrorismo e l’istigazione a delinquere

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di Laura Valdesi

"Nelle cene fra amici facevano a chi la sparava più grossa, sbruffonaggine", sosteneva l’avvocato Francesco Pletto nel novembre 2019 dopo che Andrea Chesi, 60enne da tutti conosciuto e benvoluto a Siena, con la passione del fascismo, della ‘destra’ e delle armi mai nascosta, insieme al figlio Yuri, 24 anni, era finito ai domiciliari a conclusione del blitz compiuto dalla Digos fiorentina, diretta da Lucio Pifferi, con la collaborazione dei colleghi senesi. Che indagavano su un presunto gruppo di estremisti di destra attivo in provincia di Siena. Nelle conversazioni, ad alto contenuto xenofobo, si ipotizzava anche un attentato alla moschea di Colle Val d’Elsa. Un terremoto l’indagine coordinata dal pm della Dda Leopoldo De Gregorio che adesso è chiusa. Non crede che quelle affermazioni cristallizzate dalle intercettazioni telefoniche siano state solo sbruffonaggine anche se non prefigura l’associazione a delinquere. Padre e figlio sono accusati di detenzione di armi e materiale esplosivo in concorso. Ad Andrea Chesi viene contestata anche l’aggravante della finalità del terrorismo o dell’eversione ed il reato di istigazione a delinquere. L’avviso di conclusione dell’inchiesta non ha raggiunto al momento gli altri indagati che potrebbero dunque uscire di scena.

Tutto era partito da alcune conversazioni intercettate dalla digos sui social che avevano fatto scattare le intercettazioni. Affermazioni inquietanti. Proprio quelle che hanno indotto il pm De Gregorio a contestare l’istigazione a delinquere. Quando parlava con gli altri sei amici sosteneva la necessità di mettere in piedi "una struttura qualificata pronta per ogni evenienza", con soggetti capaci di guardagli le spalle. Di più: caledaggiava la creazione di una sorta di ‘Guardia nazionale repubblicana’, secondo la Dda. Formata da persone di fiducia "che se c’è bisogno di caricatore glielo passano e lui lo passa a loro". Insomma, non serviva rivolgersi alle forze dell’ordine per avere giustizia. Poi il riferimento durante una cena all’eventualità di mettere in piedi un attentato contro la moschea di Colle.

Non è semplice libertà di manifestazione del pensiero tutto ciò, sostengono gli investigatori, perché nella disponibilità di Chesi c’era un arsenale, fra abitazione e garage. Oltre mezzo chilo di tritolo, 7 etti di polvere da sparo, un silenziatore, cartucce parabellum della seconda guerra ma ben conservate tanto che avrebbero potuto funzionare. E ancora: 164 cartucce non denunciate, spolette per bombe da mortaio attive. Avevano poi nascosto gli ordigni bellici, questo era già emerso, nella campagna fra Monteriggioni, Rosia, La Befa e Ponte a Bozzone. Grazie alla collaborazione del figlio che aveva la mappa sul gps era stata ritrovata una bomba a mano nascosta dentro il cavo di un albero, più numerosi residuati bellici che potevano esplodere e fare male alla gente