Dal seminario a Giarre l’audace colpo dei ladri

Il basista toscano, altri tre siciliani. Furono presi subito, collezionista denunciato. Il ricordo di don Franco: "Uno choc quel buco nel muro, fui anche sospettato"

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Don Franco Gonzi si avvicina ai cronisti dopo che tutte le autorità hanno parlato ed è il momento delle foto. E’ il testimone più diretto di quel clamoroso furto al seminario di Montarioso. "Ero vicedirettore ed economo del seminario al momento del furto che fece veramente scalpore in tutta la Toscana - racconta oggi - . Era il 10 luglio 1989. D’estate nel seminario, visto che i seminaristi erano a casa, ospitavamo gruppi di turisti e pellegrini. Ricordo che in quei giorni c’era un gruppo di cantanti da Chicago: tenori, baritoni, soprani e contralti, tutti giovani".

Quella mattina di luglio del 1989 don Franco fece quello che faceva tutti i giorni. "Dopo la notte riaprii tutti gli spazi del seminario e andai nella zona che chiamavamo ’La villa’, la parte più antica a Montarioso, dove c’erano i grandi saloni. Al piano superiore di questa bellissima struttura fu realizzato il museo diocesano per volere dell’allora Arcivescovo Ismaele Castellano. Fu fatto lì perché negli anni ’80 le chiese di Siena erano a rischio e per preservare le opere d’arte che custodivano fu deciso di concentrarle in un museo. Fu un lavoro attento che realizzammo assieme a Monsignor Donati con tanti viaggi a bordo del furgoncino del seminario. Il museo era autorizzato dalla Soprintendenza e aveva tutto, dai stemi di allarme alle porte blindate. Quella mattina, avvicinandomi all’edificio, notai che era stato fatto un buco nel muro durante la notte. Corsi dentro e subito compresi quello che era accaduto. Molte opere d’arte, tra cui il reliquiario di San Galgano, erano spariti. L’allarme scattò subito, chiamammo le autorità e fu fatta la denuncia del furto. Si arrivò al processo e fui sospettato perfino di essere il basista che aveva aiutato i ladri. Non solo, sia io che l’arcivescovo fummo minacciati da ignoti. Una sofferenza indicibile, le forze dell’ordine ci assegnarono una scorta. Grazie a Dio il processo chiarì tutto - conclude don Franco - e scoprimmo pure chi fu a compiere il furto".

Prima dell’ex economo di Montarioso, il maggiore Gianluigi Marmora, comandante del nucleo carabinieri Tpc di Palermo, aveva rivelato alcuni particolari del clamoroso furto al seminario. "I ladri furono scoperti e presi pochi mesi dopo - racconta il maggiore -; il basista era toscano, aveva dato informazioni sulle opere custodite nel seminario, gli altri tre della banda erano siciliani, della provincia di Catania. Furono arrestati per furto, ma del reliquiario e degli altri oggetti sacri trafugati, pissidi croce processionale e calici d’argento, si erano perse le tracce. Dopo una serie di indagini accurate, siamo riusciti a trovarli in casa di un collezionista di Giarre, in provincia di Catania. Che non è stato in grado di fornire valide spiegazioni in merito al loro possesso. E per questo è stato denunciato per ricettazione".

Sembrano fatti recenti, invece il ritrovamento risale a gennaio del 2020. Il maggiore Marmora chiede aiuto anche ad esperti, tra cui il professor Alessandro Bagnoli. Che ovviamente riconosce subito il reliquiario e valuta anche i danni subiti dopo il furto. Nel 1989 in pochi ebbero dei dubbi sul fatto che si trattasse di un colpo su commissione, viste le modalità. E che gli autori fossero i soliti ignoti che si sono limitati a buttare opere d’arte dentro un sacco, non conoscendone il valore. Nonostante i pesanti indizi, il maggiore Marmora si mostra più cauto. "Ad oggi non abbiamo elementi certi per poter affermare che il furto fosse stato su commissione. Stiamo ancora indagando e cercando l’ultimo calice rubato quella notte e non ancora trovato. Sono passati troppi anni dall’arresto dei ladri e dal ritrovamento del reliquiario. Andrebbe ricostruita la catena di eventi e di passaggi e non è più possibile".

A far pendere la bilancia sul fatto che la catena tra ladri e acquirenti possa essere molto corta, è anche la provenienza dei tre autori del furto e del collezionista denunciato. Sono tutti della provincia di Catania.

P.D.B.