Cucinelli: "Al Palio non ci sarò. Siena è la mia fonte d’ispirazione"

Il re del cachemire: "Nel Costituto del 1309 un inno alla bellezza"

 Brunello Cucinelli

Brunello Cucinelli

Siena, 13 agosto 2018 - Brunello Cucinelli, dallo splendido Borgo di Solomeo, che domina Perugia, conferma che il sindaco De Mossi lo ha caldamente invitato ad assistere al Palio dell’Assunta dalle trifore di Palazzo Pubblico. «Sarei venuto molto volentieri a Siena - conferma il signore del cachemire - ma sono impegnato altrove. Al sindaco ho risposto che l’invito mi ha fatto enormemente piacere, ma è l’unica settimana dell’anno che posso trascorrere con le mie figlie, in vacanza. E avevo già organizzato un giro con loro».

Cosa sa del Palio uno stilista come lei, dal dna marcatamente perugino?

«Nella mia vita ho visto tre volte il Palio. La prima quando avevo 25 anni, la seconda a 40 anni, la terza una decina di anni fa. E' uno spettacolo affascinante, che ti ammalia. Come ai Ceri di Gubbio, anche se il paragone non piacerà né a Siena né agli eugubini, c’è un’altissima qualità umana nel palio. Sono manifestazioni secolari, più sentite sicuramente per gli abitanti della città. Ma che sono così partecipate che riescono a trasmettere una passione forte anche a chi non è senese».

Il sindaco voleva invitarla per un progetto sui costumi, una mostra tra Palio e moda..

«Io adoro l’arte di Siena, sono un fanatico della pittura senese del Trecento. A quell’epoca Siena era una capitale, era l’emblema del sogno gotico. Ci sono capolavori inestimabili che possono ispirare tutti, non solo gli stilisti».

Oggi non è più una capitale, come allora...

«Se si riferisce alla crisi del Monte dei Paschi, vorrei ricordare un aneddoto: qualche anno fa andai a parlare ai dirigenti del Monte mi sembra ci fossero Profumo e Viola al vertice. Al meeting dissi che una banca con più di 500 anni di vita non può crollare solo perché, per una decina d’anni, ha avuto dei custodi non all’altezza della sua storia. In cinque secoli ogni istituzione passa periodi bui e altri di fulgore. Il Monte si rialzerà senz’altro. E se io sono qui, se la mia azienda ha tanto successo, è anche grazie al Monte dei Paschi che mi ha sostenuto per decenni».

Cosa le piace dell’arte senese?

«Amo i colori, ma anche l’anima della città. Ogni volta che si discute di recupero delle periferie, ribadisco che bisognerebbe rispettare il genius loci. E usare i nostri colori, le Terre di Siena, che sono una meraviglia per gli abiti, i costumi, i luoghi, le città. Siena si è mantenuta bella nei secoli, le sue periferie sono un esempio di urbanistica da imitare. Non c’è stato nessuno scempio, l’amore per la città è patrimonio genetico dei senesi».

Perché tanto amore per una rivale della sua Perugia?

«Io cito sempre quello che è scritto nel Costituto senese del 1309, qualcosa di molto speciale: «è nostro dovere curare massimamente la bellezza per cagion di diletto e allegrezza ai forestieri, per prosperità e dignità della città e dei cittadini». I senesi si erano ispirati alla Grecia di Pericle. E io porto le parole in giro per il mondo, per dimostrare chi ha fatto davvero la storia».