Crac Ac Siena, chiesti 5 anni per Mezzaroma

Per i pm De Flammineis e Ludovici vanno condannati anche Amato, Pallanch, Bernardini e Parri. La curatela chiede 70 milioni di euro

di Laura Valdesi

SIENA

"L’oggetto di questo processo è capire se la proprietà di una società di calcio sia da considerare un giocattolo, ad uso e consumo dei titolari che fanno e disfanno. Un principio che non può essere accolto", mette subito le mani avanti il pm Siro De Flammineis iniziando alle 15 la requisitoria nel processo sul crac dell’Ac Siena di Massimo Mezzaroma, fallita nel dicembre 2014 con un passivo milionario, dopo la mancata iscrizione al campionato di serie B il 15 luglio 2014. "Il giocattolo Ac Siena ha funzionato finché è stato consentito di cambiare le pile e di rimettere a posto i pezzi", tratteggia ancora il pm al collegio presieduto da Ottavio Mosti che in precedenza era rimasto in camera di consiglio un paio d’ore decidendo sulle ultime ammissioni prima di iniziare a tirare la riga su una vicenda giunta in tribunale dopo che il concordato preventivo non aveva avuto successo aprendo la strada alla maxi-inchiesta per bancarotta fraudolenta condotta dalla Finanza e coordinata dal pm Antonio Nastasi, ora a Firenze. Nel 2019 le prime udienze, a settembre probabilmente arriverà la sentenza. L’udienza fiume di ieri, iniziata alle 10 e conclusa alle 17,30 passate, quella odierna che prenderà l’intera giornata per consentire l’arringa delle difese, non basterà a chiudere il cerchio prima delle ferie giudiziarie.

Il pm De Flammineis ha affidato ad una dettagliata e corposa memoria , divisa per capi di imputazione, le ragioni con cui ha chiesto la condanna per l’ex patron bianconero Massimo Mezzaroma a 5 anni, più pene accessorie, per bancarotta, chiedendo l’assoluzione per altri reati. Una pena di due anni è stata poi chiesta, insieme al pm Niccolò Ludovici con cui ha seguito il processo, per gli allora membri del cda Alberto Parri e Giuseppe Bernardini, difesi dagli avvocati Alberto Fiorindi e Duccio Bari, con riferimento alla vicenda del ’paracadute’. Il denaro che la Lega Calcio aveva riconosciuto alla società retrocessa al termine del campionato 2012-2013. Metà messi nel bilancio 2013, ad avviso di Covisoc non correttamente ma se così non fosse stato fatto il Siena non avrebbe potuto iscriversi al campionato. Questione già affrontata nell’udienza che aveva però visto assolto il collegio sindacale della società bianconera nel gennaio 2019. E la condanna a 2 anni è stata chiesta dalla procura anche per l’architetto Cristian Pallanch, responsabile all’epoca delle infrastrutture, e per l’avvocato della Robur che si dimise nell’agosto 2017 Alessandra Amato, difesa da Daniele Bielli. Per questi ultimi era rimasta in piedi solo l’ipotesi più lieve di bancarotta preferenziale. "Assoluzione perché il fatto non sussiste per Valentina Mezzaroma, sorella dell’ex patron, vice presidente della società", dice la procura al collegio di cui fanno parte anche i giudici MInerva e Pollini. Anche Pier Paolo Sganga, commercialista che aveva fatto parte del cda va assolto con la stessa formula, idem Mario Lattari, referente della società che aveva acquistato per 25 milioni di euro il marchio dell’Ac Siena, la ’Black & White communication’. Numerosi i passaggi della requisitoria dove si fa riferimento al fatto "che c’era bisogno di una ricapitalizzazione massiccia già nel 2011". Invece sono state effettuate operazioni, è da sempre la tesi della curatela fallimentare assistita dall’avvocato Antonio Voce, che hanno mantenuto in vita l’Ac Siena artificiosamente, quando invece "si sarebbe dovuto procedere alla messa in liquidazione della società o alla sua ricapitalizzazione". E’ stato chiesto un risarcimenti di circa 70 milioni di euro , pari al passivo fallimentare, in solido a tutti gli imputati ad eccezione che ad Amato e a Pallanch per cui c’è una causa civile.