"Coronavirus, lo stress è al massimo ma noi volontari non molliamo"

Candiani, volontario della Misericordia, racconta cosa significa essere in prima linea contro il virus. "Ci colpisce lo sguardo delle persone"

Volontari della Misericordia di Siena

Volontari della Misericordia di Siena

Siena, 17 marzo 2020 - «E’ più facile sottolineare l’importanza del volontariato in questo momento. Ma la nostra è un’attività che va avanti 365 giorni all’anno, giorno e notte. Nell’immaginario collettivo siamo quelli che passano in ambulanza a sirene spiegate, in realtà solo un aspetto dell’attività. C’è la bancarella della solidarietà, ci sono le dimissioni dall’ospedale, le dialisi, i servizi ordinari: facce di una stessa medaglia. Persone che trascorrono il tempo libero ad aiutare il prossimo. Un valore sociale altissimo: la presenza del volontariato in città è forte e rappresenta un valore aggiunto". Claudio Candiani, senese doc e tartuchino, lo sa bene perché da anni veste la divisa della Misericordia di Siena di cui ora coordina i servizi pur continuando a stare in prima linea.

Candiani dunque sempre sul campo. "La prima cosa che chiesi, quando mi fu detto di rivestire il compito di coordinamento nel Magistrato dell’Arciconfraternita, era che dalle macchine non sarei sceso. Sono ‘nato’ sulle ambulanze e ci voglio ri estare. Che sia come autista oppure soccorritore, non importa". Quale è l’umore dei volontari? "Strano, lo definirei così. Un mix di entusiasmo e di paura. Quest’ultima ci deve essere sempre perché contribuisce a tenere alta la nostra attenzione. Rappresenta una tutela. Il timore di contrarre il coronavirus esiste, è inevitabile, anche se abbiamo tutti i dispositivi di protezione. Scendiamo sempre in campo ‘scafandrati’, questo è il termine. Doppi guanti, mascherina, occhiali, sovrascarpe. Tutto ciò che serve è a disposizione dei volontari che sono il motore dell’associazione. Proteggersi, allertare e soccorrere". Non mancano dunque come in altre parti d’Italia. "Se ne fa buon uso. Lo spreco non sarebbe onesto ma vogliamo essere salvaguardati". Una frase che vi ripetete? "Siamo legati al nostro motto ‘Che Dio te ne renda merito’. Fare qualcosa per gli altri perché alla fine ne trarremo vantaggio. Poi uno degli hashtag più gettonati è #teniamobotta#". In che senso? "Ogni chiamata e ogni intervento ora può essere potenzialmente pericoloso. Quindi lo stress mentale è veramente alto. Poi bisogna tenere botta sui numeri dei volontari perché ci sono più timori a salire in ambulanza. Comunque devo dire che mai come in questa fase registro una grande voglia di fare. ‘Non monto sulla macchina ma dove posso dare una mano?’, la frase ricorrente. Percepiscono il momento di difficoltà e nessuno si tira indietro". Cosa dicono le famiglie quando andate nelle case? "C’era un’atmosfera strana negli ultimi giorni. Più delle parole sono i gesti, lo sguardo. L’espressione degli occhi lasciati liberi dalle mascherine". La domanda più ricorrente? "A che punto siamo dell’epidemia e quando finirà. Una risposta che nessuno possiede". Consiglio da dare ai cittadini? "Armarsi di pazienza, anche se non sono un virologo. Calma e sangue freddo, senza mollare la presa sulle misure adottate fino ad oggi. Restrittive, non siamo abituati ma servirà nelle prossime settimane per uscirne fuori nel miglior modo possibile". © RIPRODUZIONE RISERVATA