Bidilo, è battaglia sui sequestri milionari

Il denaro arrivato a Siena era una parte del profitto derivato dall’evasione fiscale, dice il pm. La difesa: "In Estonia nessuna contestazione"

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di Laura Valdesi

SIENA

Braccio di ferro sui sequestri milionari effettuati nell’inchiesta che vede al centro gli affari dell’imprenditore del settore petrolifero, con rilevanti interessi nelle repubbliche ex sovietiche, Igor Bidilo. Che è anche azionista di maggioranza con l’80% della società ‘Sielna’. Difese e procura ieri a partire dalle 15 hanno incrociato le ‘armi’ in un’udienza fiume. Le prime depositando memorie e argomentandole in aula davanti al collegio Costantini, la seconda per voce del pm Siro De Flammineis ribattendo punto su punto. E dimostrando di avere ben chiaro il castello accusatorio in ogni dettaglio. Sarà battaglia, insomma. Nessuno cederà di un millimetro in quella che si annuncia essere una delle inchieste più importanti negli ultimi anni a palazzo di giustizia.

Bidilo è accusato di autoriciclaggio, reato transnazionale. Al magnate la procura contesta evasioni per importi milionari, per il periodo di imposta 2014-2015. Avrebbe impiegato in Italia, nella Sielna, un ingente flusso finanziario in diverse tranche. E le indagini avrebbero dimostrato, secondo gli inquirenti, che questo flusso, arrivato a Siena tramite la società Sotko, rappresenterebbe una parte del profitto illecito derivato dall’evasione fiscale milionaria effettuata dal magnate in Estonia. E’ stato ieri l’avvocato Carlo Arnulfo che difende Bidilo, che ha cittadinanza cipriota, a rompere il ghiaccio. Mezz’ora è risultata sufficiente per il botta e risposta in aula dove si è dato spazio a quella che è la radice del procedimento, l’evasione fiscale in Estonia, appunto. "Il pubblico ministero ha ricostruito i flussi di denaro che convergevano in questo Paese e su ciò ha ritenuto che nel rapporto dare-avere ci fosse un accumulo di capitale sottratto a tassazione. Ebbene – spiega a margine Arnulfo – la nostra tesi è che in realtà gli importi venissero tassati nei luoghi dove veniva prodotto il reddito. In Estonia non è stata avanzata a Bidilo alcuna contestazione. Siamo di fronte dunque ad una ricostruzione formale eseguita dall’autorità giudiziaria italiana ed abbiamo quella titolare del presunto credito fiscale che non ha avviato alcuna iniziativa nei confronti di Bidilo e delle società ad esso riconducibili". Nella memoria Arnulfo ha escluso la qualifica di amministratore di fatto della Sielna relativamente al magnate. Insomma non era lui che decideva sui dipendenti, né faceva assunzioni o licenziamenti, tantomeno negoziava con i fornitori. "Abbiamo chiesto la revoca del sequestro che ha colpito un bene di cui Bidilo è legittimo proprietario", spiega ancora Arnulfo sollecitato a chiarire la questione dell’attico romano dell’imprenditore. "Non ci sono elementi tali da configurare il reato", aggiunge.

Alle 15,30 prende la parola l’avvocato Fabio Pisillo che per un’ora, insieme al figlio Giulio, si batte per la revoca del sequestro per equivalente ai fini della confisca eseguito sui beni del rappresentante legale di Sielna, Constantin Catalin Maxim, in relazione alla sola ipotesi di frode fiscale commessa secondo l’accusa in Italia pari a 3 milioni e 400mila euro. "Per quanto attiene alle contestazioni fiscali all’estero non ha imputazioni, così come non è accusato di riciclaggio, reato conseguente all’ipotetica contestazione fiscale", sottolinea Pisillo quando oltre un’ora dopo lascia il posto davanti al giudice al collega Roberto Inches che assiste Cataldo Staffieri. "Ci siamo limitati a questo capo di imputazione – evidenzia ancora Pisillo – per dimostrare che si è trattato effettivamente di un finanziamento e non di un atto di liberalità dalla società straniera a favore di Sielna come sostiene l’accusa". La contestazione fiscale in Italia si configurerebbe nel mancato pagamento sugli 11,5 milioni del primo finanziamento (10 arrivati l’11 agosto 2015 e 1,5 il 13 maggio 2016, ndr) che per il pm non avrebbero natura di prestito ma di liberalità. In tal caso soggetti a tassazione. "Le carte sono chiare – rivendica Pisillo – non ci sono elementi per ritenere che fosse tale. E ho sottolineato che l’accertamento fatto dall’Agenzia delle Entrate non aveva espresso alcun dubbio sulla natura del finanziamento: dunque nessun tentativo di impedire accertamenti da parte del fisco".