di Fabrizio Calabrese Replica numero 1122 per l’attore narrante Marco Baliani del longevo spettacolo ’Kohlhaas’, giovedì 17 novembre alle 21 al Teatro Politeama di Poggibonsi. Di Baliani e Remo Rostagno, dal racconto ’Michele Kohlhaas’ di Heinrich von Kleist. Regia di Maria Maglietta. In scena la storia di Kohlhaas, un fatto di cronaca realmente accaduto nella Germania del 1500. Chi è Marco Baliani artista? "Un estremista, un francescano fondamentalista, come mi hanno definito, che pratica una poetica della semplicità si crea con poco: una sedia, una voce, un corpo e le scenografie sono pensate come materia vivente". Cosa trovano gli spettatori sul palcoscenico? "Trovano un attore seduto su una sedia che dopo dieci minuti da quella sedia non si alzerà più fino alla fine dello spettacolo, vedono un corpo attoriale che racconta una storia partendo da un canovaccio e dopo un po’ ognuno si costruisce grazie alla immaginazione un proprio film. È la forza del racconto orale dove non c’è un testo fisso di supporto, dove sono da solo ma non è un monologo, dove ascolto gli spettatori, sento i loro umori e dove il corpo conta perché mi muovo molto, gesticolo, batto i piedi, nonostante sia sempre seduto". In questa versione di Kohlhaas quanto c’è di Kleist? "La struttura, il susseguirsi delle vicende, i nomi, sono cambiati. Ho tolto tutti i riferimenti per farla diventare una storia contemporanea dedicata al tema della giustizia. Come tutte le opere di narrazione orale è un work in progress e in tutti questi anni si è arricchito di appunti in corso d’opera". Marco Baliani attore narrante: quanto è importante raccontare una storia? "Ci sono attori che non sanno raccontare e c’è molta differenza tra raccontare e interpretare, cioè quando entri nella parte del personaggio e lo interpreti. Quando racconti, sei fuori e i personaggi li accenni, li sfiori e lo spettatore immagina". Kohlhaas è la storia di un sopruso. Siamo negli anni ’70. Conflitti, piazze che si infiammano. Anni difficili. Ora come siamo messi? "Siamo messi male. Il nostro è un paese alla deriva. Cinque milioni di italiani se ne sono andati all’estero, soprattutto giovani, gli immigrati non vengono regolarizzati, abbiamo problemi demografici. Teatralmente ci stiamo impoverendo e c’è una situazione di pesantezza spirituale e culturale, i giovani li vedo molto persi e abitiamo un pianeta che si sta esaurendo".