Anticorpi Tls, la sfida toscana contro i ritardi

La sperimentazione sui pazienti positivi procede a rilento. I 14 centri in Italia non trovano soggetti da reclutare, servono strategie nuove

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di Pino Di Blasio

Se la sperimentazione degli anticorpi monoclonali Tls non si concluderà rapidamente o, peggio ancora, fallirà, sarà un drammatico autogol per la Toscana, l’Italia e, ovviamente, per Siena. L’allarme lanciato una settimana fa da Rino Rappuoli dalle colonne del Quotidiano Nazionale, le reazioni di alcuni dei 14 centri specialistici selezionati per la fase 2 e 3 dei test, i numeri davvero esigui dei pazienti positivi che possono ricevere l’iniezione dell’anticorpo, non hanno ancora scatenato la mobilitazione delle strutture sanitarie. Soprattutto di quelle toscane, perché sarebbe la regione, scritta sia in minuscolo che in maiuscolo per riferirsi all’istituzione, che ci rimetterebbe da una sperimentazione in netto ritardo.

Qual è lo stato dell’arte? Eccezion fatta per l’ospedale di Parma, con l’unità operativa diretta dal professor Carlo Ferrari, che ha già arruolato un numero discreto di pazienti positivi, gli altri 13 centri non avrebbero dato risposte incoraggianti. Servono 800 pazienti che scoprono di essere stati contagiati entro 72 ore, che si dichiarano disponibili al test, semplicemente acconsentendo a farsi iniettare l’anticorpo e poi a essere seguiti dai medici e dagli operatori dei centri selezionati, per chiudere le fasi 2 e 3 e mandare i risultati all’Aifa e all’Ema per le autorizzazioni. Finora, stando alle stime fornite da ambienti vicine alla Fondazione Tls, siamo sotto quota 70 pazienti. Ma la cifra reale potrebbe essere anche più bassa.

Sono diverse le spiegazioni date a questo flop, si spera temporaneo. Il più crudo è stato il professor Francesco Menichetti, luminare di Malattie Infettive al Cisanello di Pisa. "La sperimentazione è iniziata troppo tardi - ha detto Menichetti a La Nazione -. I contagi sono in netto calo, i positivi stanno bene e non sono molto propensi a fare da cavie. Rischiamo di avere un farmaco efficace, meno costoso degli altri, semplice da usare ma che non può essere utilizzato". Il più improvvido è stato colui che ha stilato il comunicato sui record dell’ospedale di Arezzo per i pazienti trattati con gli anticorpi monoclonali. Ha inserito anche l’ospedale aretino tra i centri per la sperimentazione degli anticorpi Tls, generando confusione. Arezzo non c’è, dovrebbe limitarsi a mandare pazienti positivi reclutabili a Careggi o alle Scotte. Anche perché, rispetto agli anticorpi usati per i trattamenti, quelli Tls sono italiani, molto meno costosi e molto più efficaci. Quindi dovrebbero essere un successo per l’intero sistema sanitario nazionale e toscano. Non una vittoria di Siena o di Rappuoli.

Chi si rassegna al ’destino cinico e baro’ dei ritardi sul via ai test e sui pochi pazienti positivi disponibili, non ha capito che in gioco c’è molto di più. La Toscana ci ha messo soldi e prestigio sullo sviluppo degli anticorpi monoclonali Tls. Il presidente Eugenio Giani e l’assessore alla sanità Simone Bezzini conoscono bene la portata della sfida. Meglio che reagiscano in fretta e trovino strategie efficaci per avere un numero sufficiente di pazienti, soprattutto nei tre centri toscani a Siena, Pisa e Firenze. Devono stimolare le Asl, cancellare eventuali invidie locali di ospedali esclusi e primari poco interessati, perché questa è una battaglia collettiva. Da parte sua la Fondazione Tls deve cercare l’alleanza con i medici di Medicina generale in tutta Italia, gli unici che conoscono bene i loro pazienti. E possono convincere persone positive a ricevere l’iniezione, perché così eviteranno che il virus possa avere complicazioni più gravi. Tutte cose che andavano fatte prima. Ma vanno fatte, per evitare un fallimento generale.