"Aggredito in strada: ho visto la morte in faccia"

Paura per il cronista de La Nazione Massimo Cherubini, firma storica del nostro quotidiano

Massimo Cherubini

Massimo Cherubini

Roma, 8 settembre 2020 - «E’ successo tutto in pochi istanti. Attimi brevi, ma pieni di violenza vile, diretta, cattiva. Nemmeno nei western avevo mai visto una cosa del genere, figuriamoci provarla sulla mia pelle. Ho avuto il terrore della morte, l’ho vista in faccia». Ha la voce stanca, che a tratti si rompe, Massimo Cherubini, classe 1951, penna de La Nazione da 50 anni, che nel pomeriggio di domenica scorsa, verso le 17, è stato brutalmente aggredito da un ragazzo sulla venticinquina nei pressi di casa sua a Roma. «Stavo camminando tranquillamente come faccio sempre ogni giorno, da solo, quando all’improvviso ho sentito qualcuno urlare alle mie spalle. Poi sono stato colpito violentemente alla testa con un piatto, per ben quattro volte. Ho sentito un dolore atroce, ho perso tantissimo sangue, lo vedevo dappertutto. E’ rimasto perfino sulla strada, da quanto ne è scorso». Li descrive come momenti terribili, quelli dell’aggressione e del successivo tentativo di rapina: «Ho sentito che mi frugava addosso, credo volesse sottrarmi del denaro, che però non è riuscito a prendere. Per fortuna, infatti, sono riuscito a gridare aiuto e sono stato salvato dagli altri abitanti della zona e dai miei amici, subito accorsi per aiutarmi. Nel farlo, hanno spaventato il malvivente, che è fuggito». Rapido anche l’intervento delle forze dell’ordine, allertate dagli stessi amici, che hanno inseguito il ragazzo, non riuscendo però ad acciuffarlo. Al momento sono sulle sue tracce, con un’idea sulla possibile identità dell’aggressore, che non sarebbe nuovo a questo tipo di operazioni. 

Sul posto è poi giunta un’ambulanza, che ha portato Cherubini al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Eugenio in codice rosso, dove la gravità della ferita alla testa, che ha toccato anche una vena, ha richiesto la sutura con sei punti, due tac e il ricovero per alcuni giorni.  «Non augurerei a nessuno di vivere un’esperienza del genere. Ora sto un po’ meglio, ma non è semplice elaborare il tutto. Sono cose che ti segnano. Il ricovero in isolamento precauzionale, poi, rende tutto ancora più complesso. Sono in contatto con i miei cari tramite il cellulare, ma ovviamente non è come averli qui con me. Adesso vorrei solo tornare a casa».  Nicola Gagliardi