Siena, "affari bloccati in Russia e Ucraina. Ma non faremo cassa integrazione"

Le strategie della Cassioli raccontate dall’ad. "Un impianto del freddo realizzato a metà a Mosca, una fabbrica non pagata del tutto. Danni per milioni di euro"

L’ad Carlo Cassioli in azienda a Torrita

L’ad Carlo Cassioli in azienda a Torrita

Siena, 2 aprile 2022 - L’anno prossimo la Cassioli compirà 80 anni di vita. Il gruppo con il quartier generale a Torrita dà lavoro a 350 dipendenti, molti dei quali ingegneri e con profili qualificati, fattura all’incirca 60 milioni di euro, il 70% grazie all’export, ha cinque o sei divisioni aziendali, dalle tecnologie aeroportuali al manifacturing, dalle linee di produzione al Tyre, due sedi all’estero, in Brasile e Polonia, e sta per aprirne una terza negli Stati Uniti, ad Atlanta. Un’eccellenza produttiva della provincia, che però non sbandiera mai i suoi successi, preferisce evita le vetrine mediatiche. E lo ha fatto anche quando la Regione Toscana inserì la Cassioli nella lista delle imprese con progetti innovativi.

"Qualche giorno fa - racconta l’ad Carlo Cassioli - sono andato a raccontare la storia dell’azienda agli studenti dei Licei Poliziani. Anche perché vorrei far capire ai giovani della provincia che possono trovare un avvenire lavorativo, un posto di lavoro qualificato anche a pochi passi da casa. Per molti ragazzi è stata una sorpresa".

La premessa serve a spiegare perché, nonostante il momento tutt’altro che facile, la Cassioli non pensa ad ammortizzatori sociali, fermi di produzione o altre toppe per cercare di tappare falle. Inoltre la guerra ha complicato due commesse importanti, in Ucraina e Russia, generando danni per qualche milione.

Qual è il problema che pesa di più? Costi dell’energia, la guerra o le materie prime?

"La carenza di materie prime - è la prima risposta di Carlo Cassioli - dai microchip all’allumino, per citare due esempi. Un problema che fa slittare la consegna dei prodotti ai clienti da quattro settimane a otto mesi in media. Cosa che ha, ovviamente, conseguenze sul mercato".

La bolletta energetica, cresciuta di due o tre volte, non fa alzare anche i costi?

"I costi dell’energia non pesano molto sui nostri bilanci. Siamo strutturati con fonti alternative, grazie soprattutto agli impianti fotovoltaici".

Avete una sede in Polonia, a Lodz, che fa da base per il mercato dell’Est. La guerra in Ucraina non ha bloccato gli affari?

"Sono anni che investiamo commercialmente nell’Europa dell’Est, con l’aiuto di partner. Vendiamo prodotti anche dall’Italia, dallo stabilimento di Torrita, tanto in Ucraina quanto in Russia. La guerra ci ha beccati mentre stavamo realizzando un impianto a nord di Mosca, metà costruito e metà da realizzare, linee frigorifere a -27 gradi per la distribuzione del pesce. L’embargo e le sanzioni contro Mosca ci impediscono di spedire il resto dell’impianto. Per quanto riguarda un’altra fabbrica, sempre nel settore del freddo, che avevamo già consegnato in Ucraina, sarà complicato riscuotere tutta la commessa. Hanno tanti altri problemi da risolvere, il primo è sopravvivere. Il danno per la Cassioli palesemente è molto minore".

Aver perso qualche milione di euro per colpa della guerra non vi spingerà a chiedere ammortizzatori sociali, cassa integrazione o rallentare la produzione?

"Non l’abbiamo mai fatto, le nostre divisioni e i mercati all’estero trovano sempre il loro equilibrio. Quando perde un settore o una parte del mondo è in difficoltà, c’è sempre un’altra che viene in soccorso. Per ora non chiederemo ammortizzatori sociali. Ma la carenza di materie prime deve essere risolta in fretta. Così come ci auguriamo che la guerra finisca subito, assieme alle sanzioni e alle tensioni sui mercati internazionali".