Adù e Canapino, il Palio è ragione di vita

Una foto, una storia Nello scatto di Mattioli del 1981 l’amicizia negli sguardi tra il tartuchino appassionato e il fantino che vinse tre volte

Se è vero che l’amicizia raddoppia le gioie e divide le angosce, quello di Adù Muzzi e Leonardo Viti detto Canapino è stato un percorso felice e denso di sostanziosi episodi. Eccoli insieme, come lo saranno adesso, nello scatto del 1981 di Augusto Mattioli che li ha fermati nel tempo e alla nostra memoria.

Adù: Presidente di Società, Priore ed altre cariche ma soprattutto mangino-contradaiolo di una Tartuca che amava essere al centro di fitte trame. Ricordando, immancabile, Mauro Bernardoni. Senese appassionato di Palio, cavallaio plurivittorioso, Adù vinto dall’incanto di una festa che proprio in quei magici anni sessanta raggiunge l’equilibrio fra bellezza e misura, oggi persa nei numeri e nelle vane glorie.

E poi Canapino, 46 carriere dal 1960 al 1986, tredici giubbetti talvolta scomodi, pesanti. Uno che amava i giochi, ma che poi avrebbe fatto carte false per arrivare primo, oltre i tre successi conquistati. La sua epoca è anche quella di Aceto e se ne avverte sempre l’ingombrante presenza. E se la vita è una tragedia greca e il Palio il miglior palcoscenico, a Canapino, che vedo come Ettore, non resta che dormire e così per lui Achille (Aceto) non è che un sogno, un astro che si tuffa nel mare.

Uno sconsolato eroe, come ha scritto Roberto Barzanti, nella prefazione della biografia di questo fantino, taciturno, sospettoso, pieno d’ombra. Attraverso la sua storia si entra nella sua vita come nella crepa di un monte. Li rivediamo insieme e ricordiamo quel capolavoro mancato che è il Palio del 16 agosto 1971 quando Leonardo era andato a montare Topolone nella Torre e la Tartuca aveva scelto Rondone sulla "inoffensiva" Musella in un gioco dove c’era anche lo zampino del Nicchio. E tutto era filato liscio fino all’arrivo inaspettato e scomodo di Bazza nella Giraffa. Ma resta la bellezza di una trama perfetta, dove ognuno aveva la sua parte. Questa è la terra di Adù e Canapino, che non è la Siena gentile e leggiadra, ma quella vera, antica, quella degli etruschi.

Adù non aveva certo la fisionomia dell’uomo moderno e poi Leonardo: ci viene in mente la sua immagine mentre cavalca, le braccia, i fianchi e i muscoli delle gambe, disegnati come quei cavalieri dei vasi etruschi. I ricordi di un’immagine scavano una profonda ferita, dove tanti avvenimenti si condensano e sono ancora carne viva.

Massimo Biliorsi