Siena, 17 ottobre 2012 - "Materiale interessante". Così, lo scorso maggio, uno degli investigatori definì la montagna di carte e file elettronici sequestrati e archiviati dai militari del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza al termine delle perquisizioni nelle sedi del Monte dei Paschi, della Fondazione Mps, del Comune, della Provincia e in alcune abitazioni e studi professionali privati.

Documenti, appunti e grafici che, in questi cinque mesi, gli investigatori hanno passato al setaccio per ricostruire ogni passaggio dell’operazione Antonveneta. Un’acquisizione andata in porto nel 2007 e su cui i magistrati ipotizzano che ci possano essere stati i reati di "aggiotaggio, manipolazione del mercato sul titolo azionario di Banca Monte dei Paschi e ostacolo alle attività di vigilanza". "Un’indagine a 360 gradi in cui - spiegò, a suo tempo, il colonnello provinciale delle Fiamme Gialle, Gianpaolo Mazza - non si esclude che il Monte possa essere stato danneggiato".

Adesso, dopo aver studiato attentamente le carte, investigatori e magistrati hanno impresso un’accelerazione all’inchiesta come confermano le ultime acquisizione effettuate dalla Guardia di Finanza, nei giorni scorsi nella sede della Fondazione Mps, che controlla la maggioranza del capitale della banca (34,9%) e in altri luoghi. Non solo. Hanno anche convocato in Procura per ascoltarli come persone informate dei fatti quanti nel corso del 2007 ricoprivano incarichi istituzionali o di primo piano nella politica cittadina.

La scorsa settimana, infatti, i magistrati titolari dell’inchiesta (Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Nicola Marini) hanno sentito nelle stanze del Palazzo di Giustizia, l’ex presidente della Provincia Fabio Ceccherini e gli ex sindaci di Siena Maurizio Cenni e Franco Ceccuzzi (quest’ultimo all’epoca dell’acquisizione di Antonveneta era parlamentare del Pd). Colloqui ampi, ritenuti ampiamente esaustivi, anche se su tutto vige il più stretto riserbo. Un riserbo più assoluto, come quello, nel quale stanno lavorando i magistrati senza sosta.

Anche perché l’impressione è che si tratti di un’inchiesta lunga e non facile, con scenari non ancora definiti. Come lascia presagire anche la recente iscrizione nel registro degli indagati dell’ex presidente di Rocca Salimbeni, Giuseppe Mussari. Notizia anticipata sabato scorso da Il Giornale e che non è stata smentita né dai magistrati senesi né dall’associazione delle banche italiane. Mentre l’avvocato Mussari ha replicato affermando: "Siamo oltre ogni limite. Non ho niente da dire".

Quello dell’avvocato Mussari sarebbe il quinto nome finito nel registro degli indagati. Gli altri quattro sono: l’ex direttore generale del Monte dei Paschi Antonio Vigni e i tre componenti del collegio sindacale di Rocca Salimbeni in carica al momento dell’acquisizione di Antonveneta: il presidente Tommaso Di Tanno, uno dei maggiori fiscalisti italiani e docente di diritto tributario all’Università di Siena, e i due sindaci Leonardo Pizzichi e Pietro Fabretti.

A loro viene contestato di aver esposto "fatti materiali non rispondenti al vero", "in concorso", rispondendo alla Banca d’Italia che chiedeva delucidazioni sulla "compatibilità della complessiva operazione di rafforzamento patrimoniale da 1 miliardo di euro nel core capital". Il loro obiettivo sarebbe stato quello di "ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza". Anche per questi nelle settimane scorse, sempre nel più stretto riserbo investigativo i magistrati senesi hanno ascoltato anche il ministro dell’Economia Vittorio Grilli (all’epoca ex direttore generale del Tesoro) e la presidente Rai Anna Maria Tarantola che nel 2007 era funzionario generale di Bankitalia.

Un'altra ipotesi di reato, questa contro ignoti, riguarda la possibilità di una manipolazione del mercato sul titolo del Monte nei mesi precedenti. Ma a pesare sull’operazione Antonveneta è anche quanto ebbe a dichiarare, in occasione dell’assemblea dei soci del 27 aprile scorso, proprio il presidente del collegio dei revisori Tommaso Di Tanno rispondendo ad alcune domande dei piccoli azionisti. "Il valore patrimoniale della Banca Antonveneta era di 2,3 miliardi e fu acquistata per 9 miliardi. Non entro nel merito se il prezzo pagato a Santander fosse appropriato", rispose il docente. I piccoli azionisti non furono soddisfatti della risposta. Ora potrebbero averla dai magistrati.

Intenzionati a fare luce sull’intera operazione. Compreso capire il perché "non fu fatta" la due dilingence sulla banca veneta. Proprio per questo è possibile che nel registro degli indagati possano essere state iscritte anche altre persone tra coloro che a vario titolo ebbero a che fare con l’acquisizione di Antonveneta. I magistrati avrebbero in mano anche numerose intercettazioni di vari personaggi, senesi e non, e il loro lavoro potrebbe avere ulteriori e al momento imprevedibili sviluppi.

di Tommaso Strambi