Siena, 17 dicembre 2011 - UN COLLOQUIO di 50 minuti. Tanto durò lo scorso 24 febbraio l’incontro tra l’allora ministro dell’Università, Maria Stella Gelmini, e il procuratore capo della Repubblica Tito Salerno, insieme ai sostituti Antonino Nastasi e Francesca Firrao. Un appuntamento richiesto dagli stessi magistrati per chiedere alla titolare del dicastero del Miur delle precisazioni, come persona informata dei fatti, sulla nomina del rettore Angelo Riccaboni. Il ministro, infatti, in un primo momento lo firmò, poi ci ripensò. E bloccò tutto.

 

Poi, all’improvviso, il 2 novembre 2010 ci ripensò ancora e firmò. Un colloquio che oggi, con l’invio degli atti di conclusione inchiesta a dieci indagati (i componenti della commissione elettorale e del collegio elettorale) è entrato a far parte del fascicolo con cui a breve il pubblico ministero Antonino Nastasi chiederà il rinvio a giudizio dei dieci indagati. «Mi sono occupata della nomia del rettore dell’Università di Siena — risponde la Gelmini ai magistrati — poiché il Ministero, con il decreto di nomina, prende atto dei risultati elettorali e, nel rispetto dell’autonomia delle singole Università, adotta un provvedimento dovuto. Per tali motivi il 26 ottobre 2010 ho firmmato il primo decreto».
Però, dopo lo ha annullato. Perché?
«Lo stesso giorno della firma, l’ufficio stampa, mi ha portato delle agenzie in cui non si parlava più solo dell’acquisizione della documentazione da parte della locale Procura, ma si affermava che a breve sarebbero stati emessi avvisi di garanzia. A questo punto mi sono allarmata e, dal momento che il Rettore uscente non era ancora scaduto, dopo aver parlato con l’avvocato Nunziata ho deciso, di concerto con il Gabinetto, di annulare il decreto e prendere qualche giorno in più per analizzare la situazione».
Avete avuto degli incontri per comprendere la situazione?
«Prima dell’emanazione del decreto del 2 novembre 2010 in due occasioni ho incontrato il capo di Gabinetto, avvocato Nunziata, e il direttore generale Tomasi, al fine di risolvere il problema della nomina del rettore dell’università di Siena. Nunziata mi chiariva che, sulla base della documentazione esistente, il decreto di nomina era un atto dovuto e che, in caso di mancata nomina, si sarebbe potuto anche configurare il rifiuo di atti d’ufficio, oltre che un’eventualerichiesta di risarcimento danni».
Ci potevano essere altre soluzioni come ad esempio la nomina di un commissario o la proroga del rettore in carica?
«Chiarisco che non poteva essere nominato un commissario, poiché ciò non era previsto dalla legislazione vigente e che la maggiore preoccupazione del Ministero era quella di dare una guida ad un’Università gravemente indebitata e che aveva bisogno di continuare nellì’opera di risanamento già avviata. Nessuno mi prospettò la proroga del rettore in carica».
Senta tra i due decreti di nomia da lei firmati ci sono delle differenze. Ci può spiegare i motivi?
«Non sono in grado di chiarire il perché delle differenze esistenti tra il decreto del 26 ottobre e quello del 2 novembre, nella parte in cui il primo fa riferimento alle indagini del vostro ufficio e relative alle elezioni mentre nel secondo di ciò non vi è traccia. Specifico che l’avvocato Nunziata sia prima della firma del 26 ottobre, sia successivamente e prima della firma del 2 novembre mi rassicurò dicendomi che tale atto non avrebbe intralciato l’azione della magiustratura e che, se l’indagine avesse scoperto profili di illegittimità, quando non di illiceità dei fatti, avrei comunque potuto annullare, in autotutela, il decreto di proclamazione».
Ma assunse informazioni su come si fosse svolte le elezioni?
«Nessuno mi rassicurò sulla regolarità delle elezioni. Chiarisco che gli uffici del ministero valutano soltanto la regolarità degli atti che al ministero sono trasmessi ed il possesso dei requisiti dell’eletto ad essere proclamato rettore».
Nessuno prese informazioni direttamente a Siena?
«Ricordo che Masia, capo del dipartimento del Miur e il direttore generale Tomasi avevano, ancorché per via istituzionale, cercato di comprendere quale fosse la situazione presso l’Ateneo senese ricevendone risposte istituzionali. Specifico che rispetto alla nomina del rettore il ministero non ha poteri ispettivi».
Il dottor Tomasi non Le disse nulla dei sui colloqui con il direttore amministrativo?
«Non sono a conoscenza di alcun colloquio tra Tomasi e il direttore amministrativo dell’Università di Siena. Se avessi saputo che erano state commesse gravi irregolarità non avrei firmato il decreto. Posso dire che Tomasi vedeva con relativa frequenza i vertici dell’Università sense poiché si occupava del piano di risanamento del suddetto ateneo. Ricordo che mi disse che i rapporti all’interno dell’ateneo erano conflittuali. Ciò, probabilmente, lo rese diffidente rispetto alle notizie che aveva ricevuto».
Firmerebbe ancora il decreto di nomina?
«Soltanto oggi vengo a conoscenza del fatto che nessun elettore il 21 luglio 2010 (giorno in cui si svolge il ballottaggio definitivo, ndr) è stato identificato. Se avessi saputo di detta irregolarità con ogni probabilità non avrei proclamato il rettore».
Ha ricevuto pressioni per firmare?
«No. Non ho ricevuto alcuna pressione politica per la proclamazione del rettore. Ricordo che vi era molta preoccupazione, peraltro condivisa dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, per la situazione economica. Ribadisco che la nostra preoccupazione era quella di non lasciare senza guida l’Università di Siena».