Siena, 31 maggio 2011 - Decespugliatori a quattro zampe. Cioè, capre al posto delle macchine tosaerba. Questa è la soluzione innovativa, ecologicamente inappuntabile, lanciata da un’intraprendente allevatrici di Radda in Chianti per ripulire terreni agricoli abbandonati che si vogliono riportare alla produzione.
La storia dell’Occidente industrializzato ha sempre visto le macchine soppiantare gli animali nel lavoro nei campi. Ma per Nora Kravis, veterinaria newyorkese che trent’anni fa ha lasciato i grattacieli di Manhattan per ‘sposare’ le colline chiantigiane, a volte gli animali sono meglio delle macchine.
Non solo: fanno lo stesso lavoro a metà prezzo. Nora Kravis nella sua azienda agricola ‘La Penisola’ tiene 150 capre kashmere. La sua attività è un esempio illuminante di come ci si può ‘inventare’ un lavoro in tempi di grave crisi economica. Ha cominciato a usare le capre come bonificatrici di terreni lasciati a lungo incolti sette anni fa.

Avete un campo pieno di rovi, arbusti e cespugli che volete ripulire? C’è un vecchio frutteto che intendete riportare a produzione? Basta telefonare a Nora Kravis. ‘La signora delle capre che non si mangiano’, così la gente di Radda chiama amabilmente la Kravis, arriva con il suo furgone. Scarica dieci, venti, trenta capre, quante ne servono per fare il lavoro, le posiziona nel terreno da lavorare e le recinta con il filo elettrico. «Normalmente, per trattare un ettaro di terreno - spiega l’allevatrice - occorrono da 5 a 25 capre per circa un mese di tempo. Costo: mille euro, cioè mediamente la metà di quanto costerebbe far fare lo stesso lavoro a un trattore con il trinciatutto o a operai con il decespugliatore». Certo, non bisogna avere fretta.
 

Oltre al prezzo, i vantaggi sono tanti altri: «le capre non fanno rumore, non si brucia gasolio e non si inquina, niente diserbanti, con i suoi escrementi la capra concima in modo naturale la terra, impedisce definitivamente la ricrescita degli arbusti (la macchina in realtà fa solo una drastica potatura), non distrugge i nidi degli uccelli e le tane delle lepri».
Mangiando, le capre alimentano il loro prezioso pelo che poi Nora Kravis ‘pettina’ ricavando ogni anno 200 grammi di fibra, che lavorata diventano cento grammi di filato di kasmere, materiale che costa 1200 euro al chilo, con il quale l’allevatrice produce scialli, sciarpe e coperte di finissima lana a ‘chilometro zero’ e senza impiego di sostanze chimiche. «Le mie capre non si macellano né vengono munte per il latte - dice l’allevatrice. Il latte serve solo per alimentare i piccoli.» Anche la Kravis ha il suo rischio di impresa: si chiama lupo.
«Negli ultimi mesi quattro attacchi di lupi hanno ucciso 30 animali». Ora la Kravis di notte dovrà proteggere le capre chiudendole in gabbie di ferro recintate con filo elettrico.