Siena, 29 ottobre 2010 - E’ LÌ DA 800 ANNI a raccontare una storia di prestigio e di sapere. Un fiore all’occhiello per la città e per la sinistra, che dal dopoguerra l’ha gestita presentandola spesso come modello di efficienza e didattica. Insieme al Monte dei Paschi e al Palio, una delle tre anime (e dei centri di potere) del luogo. E adesso che l’Università di Siena rischia di saltare, minata da gestioni allegre e veleni in serie, chi può evitare di essere travolto dalle macerie? L’ultima arringa d’accusa è del ministro Maria Stella Gelmini: «Il dissesto finanziario dell’Università di Siena è inaccettabile. Si tratta di un caso di gestione economica irresponsabile sul quale occorre fare piena luce nel più breve tempo possibile. Sono sicura che la magistratura accerterà tutte le responsabilità».

 


E’ una storia complicata da narrare, quella del possibile crac dell’Ateneo senese. Una storia che inizia due anni fa, quando il rettore Silvano Focardi, ecologo col cruccio d’aver visto vincere troppe volte il Palio alla Tartuca (è stato capitano della Chiocciola) una mattina prese i libri contabili e li portò in Procura: «Guardate che casino c’è qui dentro», disse ai magistrati. Dietro quelle cifre asettiche, si nascondeva una voragine che ancora oggi resta spaventevole. Nonostante la vendita dell’argenteria di famiglia (come il bellissimo ospedale psichiatrico di San Niccolò), qualche aiutone arrivato dall’amica Regione (che ha comprato per 150 milioni l’ospedale delle Scotte) e le erogazioni benefiche del Monte, il buco pare sia ancora di 200 milioni (anche se c’è chi dice possa arrivare a 600), con un deficit che continua a produrre una perdita di 30 milioni a esercizio. Bingo.

 

PER CAPIRE quale gestione da allegra brigata abbia potuto produrre un tale disastro, la magistratura da due anni sta spulciando tutto quanto prodotto dalle ultime amministrazioni, dalla gestione del rettore Luigi Berlinguer a quella di Piero Tosi per finire a Focardi. A parte quest’ultimo, tipo di difficile collocazione, tutta gente targata Pd, Ds o Pci. Tessere & Sapere. Che il lavoro dei giudici stesse per arrivare a qualche prima risultato, lo si è capito nei giorni scorsi, quando è arrivata la notizia di una denuncia per truffa a carico del professor Walter Gioffrè, direttore del centro di Senologia e consigliere d’amministrazione dell’Ateneo. Secondo i finanzieri, Gioffré negli anni avrebbe presentato richieste di rimborso con importi non veritieri per 50mila euro. Una goccia d’acqua nell’oceano dei conti allegri, si dirà. Ma a suo modo il segnale che l’onda legale stava per arrivare. Bagnando parecchia gente nella città che conta.

 

IERI la procura, infatti, ha fatto sapere di avere iscritto sul registro degli indagati ben 27 persone, fra le quali gli ultimi due rettori, Tosi e Focardi. A costoro è stata contestata la falsità ideologica in atti pubblici. Agli altri indagati il magistrato ha invece contestato reati che vanno dal peculato alla truffa fino all’abuso d’ufficio. «Mi pare normale che, se c’e’ un’indagine, riguardi anche me», ha detto Focardi. Sulla stessa linea Piero Tosi: «L’avviso di garanzia arrivò due anni fa, dove sta la novità?». Tant’è. La notizia ha avuto comunque l’effetto di una bomba che ha reso precario un quadro già traballante per un’altra inchiesta, a questa collegata.

 


Scadendo a fine ottobre il mandato di Focardi, la scorsa estate l’Università era stata infatti chiamata ad eleggere il nuovo rettore. Un’elezione in tempo di guerra politica, piena di veleni. Sembrava che alla fine Silvano Focardi potesse farcela ed essere confermato. Invece, all’ultimo momento, a spuntarla è stato il preside di Economia Angelo Riccaboni (foto a destra), margheritino con buone aderenze nel sindacato. Lasciando Focardi e i focardiani con in mano il calice amarissimo delle sconfitta imprevista. Capita. Solo che il dopo elezioni non è stato meno avvelenato.

 


Grazie alla lettera di un anonimo
, che denunciava gravi irregolarità nel voto, anche la partita elettorale è finita nel mirino dei giudici, che hanno aperto un’inchiesta. L’altro ieri il nuovo choc, con la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati dei quattro componenti la commissione elettorale. Così oggi Angelo Riccaboni corre il rischio di diventare una leggenda popolare: il rettore eletto ma mai insediato. La sua investitura è prevista per lunedì prossimo, 1 novembre, ma per il momento il nulla osta del ministro Gelmini non è arrivato. A sollecitarlo ci hanno pensato in tanti, dai parlamentari Pd di zona al vicepresidente della Regione, Stella Targetti. La Gelmini rimane perplessa: o si fa chiarezza o niente firma, chiedendo se è legalmente possibile un commissariamento. Un finale grottesco per una storia grottesca. Solo qualche anno fa il Censis indicò l’Ateneo senese come Università modello. Visto ciò che è successo, in fondo un modello lo rimane: di come non si amministra un Ateneo.