Siena, 5 ottobre 2010 - Della serie: le eccellenze senesi “sconosciute”. Alzi la mano chi sa che è stata la nostra Università a mettere a punto il modello statistico utilizzato dai governi dei Paesi europei (Italia inclusa, ovviamente) per conoscere il livello di povertà e di ricchezza delle loro famiglie. Quando nelle stanze dei bottoni si decidono le politiche economiche e fiscali, queste vengono definite sulla base dei dati ottenuti grazie allo strumento tecnico elaborato da un gruppo di ricercatori della facoltà di Economia di Siena.
Il team opera all’interno del Centro di ricerca sulla distribuzione del reddito (Cridire) diretto dal professor Achille Lemmi. Ne fanno parte altri docenti, Gianni Betti, Laura Neri e Vijay Verma, oltre a consulenti esterni, dottorandi e assegnisti.

 

Questi esperti di economia e di statistica hanno elaborato un modello che viene fornito all’Istat così come ai vari istituti nazionali di statistica e ad Eurostat, il braccio statistico della Commissione europea. I suoi contenuti sono stati illustrati ieri alla Facoltà di Economia nell’ambito della tre giorni di conferenze sulle “disuguaglianze”.
Proprio per poter promuovere politiche volte a ridurre le disuguaglianze, i governi si avvalgono della fotografia del livello di ricchezza e di povertà offerta dal modello statistico studiato a Siena. Sempre la Facoltà di Economia della nostra Università ha contribuito in modo determinante a introdurre una rivoluzione nel modo in cui si misura nel mondo la povertà e la ricchezza. Prima, si utilizzava un solo parametro per definire i ricchi e i poveri: il reddito lordo. In base a questa misura, si definisce “povera” la famiglia con un reddito inferiore al 60% del reddito medio. In Europa si calcola che dal 10 al 20 per cento della popolazione possa essere considerata “povera”. In Italia i “poveri” sono circa il 18% della popolazione.

 

L’Università di Siena ha promosso l’adozione di una metodologia diversa per definire la povertà. "Abbiamo ritenuto - spiega il professor Lemmi - che l’unico parametro del reddito non potesse fornire una definizione appropriata della povertà. Occorre aggiungere altri indicatori: la presenza o meno di criminalità, il livello dei servizi sociali, la qualità dell’istruzione, l’efficienza dei servizi sanitari, il livello dell’inquinamento e così via".
Insomma, grazie a questi nuovi parametri, è cambiato anche il concetto di povertà. Per fare un esempio, una famiglia con reddito basso ma con una buona rete di servizi, in un ambiente sano e sicuro può essere in realtà meno povera di una famiglia che guadagna di più ma che vive in una periferia degradata. E questa, a sua volta, può risultare “povera” a dispetto del reddito, magari discreto.

 

L’argomento può sembrare arido e tecnico, ma questa griglia interpretativa della realtà sociale sta alla base delle scelte politiche che incidono concretamente sulla qualità della vita delle persone e in ultima analisi sulla loro felicità. Quello ideato a Siena è uno strumento che viene usato per diagnosticare uno dei mali più dolorosi della nostra società: l'acuirsi delle disuguaglianze. "La disuguaglianza è in aumento in Italia e nel mondo - dice Lemmi. La distanza fra ricchi e poveri è sempre più siderale. Non solo: nei momenti di crisi sono i più deboli a pagare mentre soltanto i ricchi beneficiano delle fasi di boom economico. In Italia, siamo alla fase in cui i poveri hanno toccato il fondo ed è il ceto medio a impoverirsi a vantaggio dei ceti abbienti. E’ in arrivo infine la grande ondata di nuovi poveri rappresentata dai giovani precari di oggi." Il pool di economisti senesi ha messo a disposizione gli strumenti che certificano questo processo di progressiva sperequazione della ricchezza. Spetta alla classe politica trovare la volontà e la capacità di predisporre una terapia.