Siena, 10 agosto 2010 - Una Madonna vestita d’oro si staglia su uno sfondo blu cobalto. Il richiamo a Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, al quale è dedicato il drappellone della Carriera di agosto a seicento anni dalla sua nascita, è chiaro. Basta guardare l’immagine della Vergine che domina la parte superiore della seta. Un vero e proprio omaggio, da parte di Franco Fortunato, al grande pittore che, nel 1441, dipinse la Sala del Pellegrinaio del Santa Maria della Scala.

 

Nella parte centrale, invece, la Siena del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti e, sotto, altre 16 riproposizioni in dimensioni ridotte. La città del Palio è stata dipinta 17 volte, quante sono le sue Contrade.  Una simbologia che ha colto in pieno il senso della Festa senese. Un insieme diviso in diciassette parti, ognuna delle quali, però, ha significazione solo se “letta” all’interno dell’universo al quale appartiene. Franco Fortunato è riuscito a imprimere il suo originale linguaggio di artista colto. Letteratura e storia si intrecciano in questo Palio, che richiama, anche, le origini etrusche del popolo senese con tre cavalieri, sempre su fondo oro, a delimitare l’araldica contradaiola, dipinta a parte, per alcuni stemmi leggermente rivisitata, e cucita a mano su una base rosso porpora.
Fortunato, come il Vecchietta, ha dato spazio alla sua cultura composita.

 

Con raffinatezza ha preso spunti sapientemente rimodellati da un’interpretazione artistica carica di poetica e di sfumature oniriche.  Il drappellone appare come estratto dalla sfera del sogno. Si attacca alla realtà con la forza del colore, perché è lì che la carica semantica gioca un ruolo di rilievo. In due metri di seta Fortunato ha condensato tre storie, ognuna delle quali già completa: la sacralità che pervade il Palio, la città dalla quale prende origine, la storia con la quale convive. Una costruzione concettuale. Una sensibilità di memoria che gli ha permesso di creare iconologie che attingono direttamente da una ricerca artistica, in grado di raccontare una contemporaneità dialogica. Ma l’artista romano, conosciuto e apprezzato in Italia e all’estero, non si è limitato a questo. Ha giocato con la caratteristica, propria, del contrappunto.

 

In un raffinato parallelismo con la musica l’effetto visivo del suo lavoro si origina dalla compresenza di elementi diversi, indipendenti nell’ideazione formale, ma interdipendenti nell’armonia di un tutto che si sviluppa in verticale. Un vero e proprio montaggio dove lo spettatore è chiamato a vedere, e poi guardare, così da cogliere il significato narrativo di ogni immagine, per comprendere la costruzione di senso che ha guidato la mano di Franco Fortunato.