Siena, 22 dicembre 2009 - Hanno ibernato le sue funzioni vitali, abbassando progressivamente la temperatura corporea fino a 18°- 20° gradi. Nei ventitrè lunghissimi minuti che sono seguiti il cuore di Margherita Ceccherini, maestra elementare grossetana di 30 anni, si è fermato. "Un lasso di tempo sufficiente — spiega il dottor Giuseppe Oliveri, direttore della Neurochirurgia ospedaliera del policlinico Santa Maria delle Scotte di Siena — per aprire l’aneurisma cerebrale che metteva a rischio la sopravvivenza della paziente e ricostruire le pareti dei vasi, grazie ad una condizione di congelamento che ha permesso di operare in assenza quasi totale di sanguinamento, azzerando il pericolo di rottura dell’aneurisma. Un caso raro ed eccezionale poiché le dimensioni di quest’ultimo, circa 4-5 centimetri, non consentivano un intervento tradizionale".

 

"Un piccolo miracolo di Natale, domani (oggi, ndr) sarò dimessa e tornerò dalla mia bambina, Emma, che ha 4 anni», racconta Margherita Ceccherini con la voce di chi si è trovata sull’orlo del baratro e poi ha rivisto la luce. "Oliveri per me è come un padre, mi ha ridato la vita", prosegue la giovane maestra a cui il 2 dicembre scorso "è crollato addosso il mondo. Sono stata ricoverata d’urgenza — prosegue la paziente, che a venti giorni dall’intervento si è ripresa quasi completamente —, il 5 l’operazione alle Scotte. Prima mi hanno spiegato il fatto dell’ibernazione, che sarebbero ricorsi alla circolazione extracorporea, sebbene non abbia capito che in pratica per ventitrè minuti sarei stata come morta. Ma avevo fiducia in Oliveri (fa una pausa per l’emozione, ndr), è stata un’esperienza straordinaria".

 

Usa questo aggettivo di continuo. "E’ stato come rinascere. Finora non avevo mai pensato alla mia morte, temevo potesse accadere semmai qualcosa di brutto a chi mi stava accanto. Così — osserva — quando sono stata di fronte a questo momento, mi sono affidata alla vita. Adesso mi emoziono per qualsiasi cosa".
Le sue colleghe di lavoro non hanno fatto mancare l’affetto a Margherita, prima e dopo l’intervento. E quando si è risvegliata, è stata scaldata dall’affetto dei bambini delle scuole del terzo circolo di Grosseto e di quelli di Roselle, frazione vicina, dove insegna. "Sentivo dietro la loro forza quando sono entrata in sala operatoria. Lo stesso quando ho aperto gli occhi: ero viva — sussurra —, mi muovevo. Adesso sono in piedi, parlo, sento... Incredibile".

 

Un intervento così, tiene a sottolineare il dottor Oliveri, "è possibile solo in un ospedale d’eccellenza in cui esiste una sala operatoria che funziona bene e un’alta specializzazione dei professionisti coinvolti, uniti dalla capacità di lavorare in maniera sinergica centralizzando le risorse migliori per il bene del paziente. Un plauso a tutti". Il miracolo di Natale è riuscito, infatti, grazie al gioco di squadra. "Abbiamo atteso qualche giorno a dare la notizia — aggiunge Ettore Zei, direttore dell’Anestesia e terapia intensiva neurochirurgica — perché volevamo essere certi che Margherita stesse bene".

 

"C’era il rischio di morire, soprattutto di restare invalida. E invece ce l’abbiamo fatta. Un’esperienza straordinaria — conclude la maestra — che mi ha fatto riscoprire la fede. E che esiste una solidarietà fra le persone che, nella frenesia della vita quotidiana, a volte si perde. Ora posso guardare avanti".