2008-05-07
di LAURA VALDESI
FRANCESCO DRAGONI è finito chissà dove. In uno dei tanti cunicoli sotto le vasche termali. Un labirinto che, a notte inoltrata, non aveva restituito il corpo dello studente. Giocava e scherzava con gli amici di sempre, erano in cinque, arrivati dopo una cena. Non era la prima volta che andavano all’Acqua Borra. Poi il bagno. Non hanno capito che correvano un pericolo. Allora dentro, nel tepore sulfureo. Si è immerso, gli piaceva farlo, anche se qui l’acqua è poco profonda. Forse ha trovato un anfratto. E’ risalito più volte. Poi non l’hanno visto più.

«FRANCESCO, Francesco», devono aver gridato. Un amico ha provato a cercarlo, sul fondo melmoso. Ma è scomparso, ha raccontato il gruppetto ai carabinieri di Castelnuovo sul posto insieme ad ambulanze e pompieri. Erano le 3,30 quando hanno dato l’allarme. Vigili del fuoco subito a lavoro per succhiare via l’acqua calda. Con il trascorrere delle ore cresceva la disperazione. Assillante l’interrogativo: cosa era successo? Forse un malore, forse è rimasto impigliato nel cunicolo che esplorava con la curiosità di un cuore giovane. Forse. La dinamica da chiarire, però Francesco è annegato. L’ha scorto poco prima delle 9 un sommozzatore arrivato da Firenze. Con la scala si è cercato di capire a che profondità fosse, in quell’angolo che avrebbe dovuto essere off-limits. Si è calato con le bombole nel pertugio. L’ha visto. Ha scorto (forse) un piede, rannicchiato con il corpo proteso verso l’interno della caverna. Ma quando il vigile ha allentato la maschera per comunicare con i colleghi è stato investito da esalazioni, probabilmente di idrogeno solforato. Ha rischiato grosso. La vita. L’hanno tirato su in fretta con la corda. Sporco di fango, ma stava bene. Intanto gli amici di Francesco — la madre e la sorella li abbracciavano forte — hanno iniziato a pregare. La sua amica del cuore, sin da piccoli, capelli ricci, piegata in due dal dolore. Negli occhi la rabbia dell’impotenza. Via i taccuini e le telecamere, hanno chiesto mentre i medici portavano sostegno psicologico alla famiglia distrutta. E’ arrivata la zia, in mattinata. A lei spetterà il riconoscimento. Breve visita del medico legale che avrà difficoltà a dare risposte alla procura sui fatti dopo che il corpo è rimasto per ore nell’acqua, a temperatura elevatissima. Gente del posto e curiosi crescono con il passare delle ore. Alle 10,40 la ruspa inizia a scavare la collina. Si pensa di realizzare un fossato parallelo per agguantarlo. Ma l’acqua sgorga in continuazione. Vengono tolti metri cubi di terra, cadono alberi, arbusti. Ogni colpo di ruspa è una ferita al cuore per la madre del ragazzo. Iinutile. Arriva un’idrovora potente da Arezzo e nel primo pomeriggio i sommozzatori, questa volta di Livorno, si immergono. Usano, come al mattino, un bastone uncinato, casomai riuscissero ad agganciare il corpo. Alle 17 un summit con il comandante dei vigili Pietro Foderà. «Temiamo che sia in un cunicolo, le condizioni di lavoro risultano complesse — spiega — devono lavorare con autorespiratori in spazi strettissimi. Abbiamo fatto uno sbancamento con una piattaforma per mettere in sicurezza il piano, con l’autopompa manteniamo il livello dell’acqua in modo da poter operare. Il geologo inviato dal Comune che aveva svolto un’indagine nella zona sostiene che l’area di ricerca non è molto ampia. Stiamo attendendo un eco-scandaglio da Firenze. Non escludiamo che le correnti possano aver spostato Francesco in una parte difficilmente accessibile». Più tardi si ipotizza addirittura di interrompere il flusso per poter scavare ben oltre i 5 metri. La sorella di Francesco, felpa grigia, rimane sul posto l’intera giornata. Chiara Beucci, responsabile dell’Agesci Arezzo 2 poco dopo le 10 aveva portato via le ragazze che erano con lui. «Solare, generoso — lo descrive prima di salire in auto —, sabato avevamo fatto una festa, era stato l’animatore. Suonava con mio fratello nella band, il basso. Stasera (ieri, ndr) avrebbero provato».

INTANTO infuria la polemica sui divieti poco visibili nella zona. «Venerdì intorno alle 21 con 4 amici — ci scrive Paolo Corti di Chiusi — siamo andati lì. Eravamo grandi e vaccinati, sobri, non abbiamo notato alcunché che ci facesse rendere conto del pericolo. Transenne? Cartelli? Se vi fossero stati erano microscopici. Quando oggi (ieri, ndr) sono tornato lì per vedere se ritrovavo il mio telo da mare ho saputo. Per un miracolo venerdì non era con noi un bambino di 4 anni. Ci è andata bene, a quel povero ragazzo purtroppo no».