Sguardo nel vuoto e sogno infranto. Casellati ci credeva, risveglio amaro

La presidente del Senato sbatte a quota 382, meno voti di Prodi nel 2013. L’imbarazzo di Fico, il gelo dei colleghi. Giovedì notte le telefonate ai leader e le manovre parlamentari per convincere gli indecisi. Tutto inutile

È proprio vero che crediamo a quello che ci vogliamo sentir dire. Così, quando due giorni fa Ignazio La Russa ha iniziato a ripetergli "dai Elisabetta, vedrai che ce la fai, i nostri voti ci sono, conviene provare, poi anche se alla prima manca qualcosa ci riproviamo dopo", Maria Elisabetta Casellati ha cominciato a crederci davvero.

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Certo, l’ambizione c’era sempre stata perché quella fa parte del ruolo e non manca alla persona, ma insomma una cosa è pensarci perché la seconda carica dello Stato spera sempre diventarne la prima, un’altra è crederci perché ci si può fare davvero.

Quando, verso le due del pomeriggio di ieri e dopo una centinaio di schede scrutinate, la presidente del Senato ha compreso il disastro a cui stava per andare incontro, lo sguardo ha iniziato a vagare nel vuoto. L’Aula di Montecitorio è grande, le vetrate ampie, e gli occhi si perdevano sempre in questo mare indistinto di persone. "Casellati, Casellati, Mattarella, Casellati, Di Matteo, Casellati, bianca....".

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Poche, troppo poche, e più passava il tempo, più quel mazzetto di schede sul tavolo di Roberto Fico si assottigliava e l’orizzonte dei 505 restava lontano, ecco che quello sguardo tornava a vagare. All’inizio aveva provato anche a buttare un occhio alla scheda che Fico mano mano gli passava, per riconoscere il tocco del suo Iago. Le schede erano "segnate" per gruppi – chi dove scrivere Elisabetta Alberti Casellati, chi Elisabetta Casellati, chi si è limitato a un Casellati – ma poi di fronte alla débâcle tutto ha perso importanza.

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Alla fine è stato solo silenzio. E quando la conta è terminata, la presidente non ha avuto la forza di fare neppure una smorfia di disappunto. Più imbarazzato di lei solo Fico che, in attesa della proclamzione ufficiale, non le ha rivolto la parola. Trecentottantadue, meno di quanti ne prese Prodi (395) nella famosa "seduta dei 101". Eppure Maria Elisabetta ha continuato a crederci, tant’è che dopo la conta ha iniziato a chiamare Salvini e gli altri leader del centrodestra per chiedere un secondo tentativo. "Sta ai matti", spiegava sconsolato un vecchio parlamentare di centrodestra. "Ci vuole riprovare".

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In fondo non le pareva possibile scendere da quel sogno che ha coltivato da tempo, e che da una notte si era fatto concreto. Quando, giovedì sera, Salvini le ha proposto la prova in aula per ieri mattina, la presidente del Senato non ci ha pensato due volte. Forzatura istituzionale o no, rischiosa alchimia istituzionale o meno, poco importava. L’inizio del dramma, in cui l’ambizione fa premio sulla lucidità di analisi. Se infatti può anche essere comprensibile l’errore di non conoscere il proprio livello di basso gradimento nel gruppo (ieri mattina in Transatlantico, a sentire dieci Grandi elettori di centrodestra, ce ne erano almeno undici che non l’avrebbero votata) è imperdonabile quello di non calcolare a quanti facesse comodo l’esplosione del centrodestra e la conseguente messa in discussione della leadership di Salvini che le aveva appunto proposto di "provarci". In primis forse proprio a Fratelli d’Italia.

Nonostante tutto, Elisabetta Casellati le ha tentate tutte.

Nella notte tra giovedì e ieri ha avviato un giro di telefonate con i leader al grido di "votatemi", poi ha personalmente chiamato uno a uno una serie di Grandi elettori che pensava a lei vicini, senza risparmiarsi alcuni giochetti di tattica parlamentare dell’ultima ora. Ieri mattina, per dire, ha autorizzato la nascita del gruppo al Senato di Italia dei Valori, nonostante il regolamento di Palazzo Madama lo vieti. Il tutto per raccattare una decina di voti. Ha poi ignorato la ovvia richiesta del Pd di non co-presiedere l’aula nel momento dello spoglio, come era accaduto per esempio nel 1992, quando il presidente della Camera Scalfaro che era il papabile più accreditato inviò alla presidenza uno dei vice. Lei no, è una tosta. Il galateo istituzionale può aspettare, il sogno no. Purtroppo per lei morto a quota 382, 123 sotto il cielo.