Teatro degli Impavidi, su il sipario. "Un orgoglio restituirlo alla città"

Il sindaco: "Restano lavori di finitura ma non sarà più richiuso"

La guida Francesca Giovanelli mostra gli affreschi dell’antico chiostro del convento “riemersi” dai camerini. La data: 1661 Fotoservizio di Massimo Pasquali

La guida Francesca Giovanelli mostra gli affreschi dell’antico chiostro del convento “riemersi” dai camerini. La data: 1661 Fotoservizio di Massimo Pasquali

Sarzana, 28 agosto 2017 -  Isauro non manca all’inaugurazione del teatro degli Impavidi che ormai vede la luce in fondo al tunnel del suo travagliato recupero. Manca l’architetto Luigia Pennati che ha promesso di esserci martedì alla serata dedicata a Maria Callas, manca (scontato!) la Regione che ci ha messo gli ultimi 2,6 milioni per finire il terzo lotto, manca la Soprintendenza che ha vietato l’accesso al sottopalco dove ha “rispolverato” le tracce del chiostro del convento sui cui resti gli “Impavidi” nel 1800 in due anni appena fecero costruire il nuovo teatro della città.

Si possono vedere gli affreschi e le colonne del chiostro dei domenicani recuperati e lasciati nei camerini, si può solo sbirciare sotto al palcoscenico per intravvedere la pavimentazione e il pozzo: “Quante volte ci ho svuotato l’acqua della caldaia! E’ profondo almeno venti metri” ricorda Isauro.

C’è voluto quasi un ventennio per restituirlo a Sarzana, ricomprarlo dalla società del Partito che nel dopoguerra lo acquistò attraverso l’azionariato popolare, progettarne il restauro suddiviso in tre lotti, trovare i finanziamenti, affidare gli appalti. Isauro Oligeri era entrato all’Impavidi come maschera nel ‘48 quando aveva 17 anni e c’è rimasto mezzo secolo come custode e “tuttofare”, anche macchinista.

Oggi che di anni ne ha 86, invitato dal coordinatore di Parallelamente Massimo Biava, non manca alla giornata in cui la giunta guidata dal sindaco Alessio Cavarra apre la settimana del Festival della Mente riconsegnando il teatro alla città. C’era anche nella riapertura del 2005 e nei quattro anni prima dei lavori del secondo lotto: 583mila euro dalla Regione, 400mila del Comune e 100 mila regalati dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena per mettere a norma gli impianti, ristrutturare bagni e foyer. Poi a quella del 2011 quando l’allora sindaco Massimo Caleo aspettava i 2 milioni e mezzo dei fondi Fas promessi per il terzo e ultimo lotto che, “rifiniture” a parte, si è concluso ora: zona palcoscenico, torre scenica, camerini, copertura, platea.

E già si sapeva che quei soldi non sarebbero bastati, nonostante l’oltre 60 per cento di ribasso d’asta con cui la seconda ditta in graduatoria si è aggiudicata l’appalto perché la prima aveva offerto un improbabile sconto del 79 per cento. Allora il primo cittadino lanciò un appello perché aspiranti mecenate si facessero avanti.

A farsi avanti, dopo non pochi ‘sos’ rilanciati dal suo successore Cavarra, è stato invece il Governo Gentiloni: ha dato alla Soprintendenza 200mila euro che serviranno per restaurare i palchetti, le cariatidi, fare le dorature… “Lavori di fino”, specifica l’assessore alla cultura Nicola Caprioni che come lui stesso sottolinea, ha avuto il “colpo di fortuna” di arrivare pochi metri prima del traguardo e prendere il testimone di tanti suoi predecessori, da Gabriella Bertone che si batté per far ricomprare al Comune il teatro, Renzo Bellettato, Stefano Milano, Sara Accorsi (ieri tutti assenti o nelle retrovie).

Poi c’è da allacciare il super-moderno impianto antincendio con la vasca costruita dietro gli Impavidi, nel campetto dell’oratorio della cattedrale che sta diventando parcheggio privato coperto. “Lavori di pochi mesi che non impediranno comunque di avere finalmente una stagione teatrale” assicura la giunta schierata sul nuovissimo palcoscenico per l’inaugurazione: il sindaco Alessio Cavarra, gli assessori Massimo Baudone, Nicola Caprioni, Elisabetta Ravecca, Beatrice Casini, e il funzionario comunale Stefano Mugnaini.

Dopo “Lo squillo di Sigfrido” di Wagner suonato dal corno di Giacomo Giromella, dietro la finestra del vecchio ospedale (ora casa della Salute) dove una volta nascevano i bambini “sarzanesi” e non solo, arriva l’ora annunciata del classico taglio del nastro e dell’orgoglio. “Orgoglio”, parola ripetuta da tutti davanti alla platea tirata a lucido del “rinnovato” teatro e riempita di cittadini. E ripetuto è il ricordo dei timori di non riuscire a finirlo questo restauro, di perdere i finanziamenti dopo lo “stand by” con Caleo partito per Roma e il Comune commissariato. Ripetuto è anche il concetto del valore, culturale e sociale, del teatro di cui ora si dovrà ricostruire il legame con la città.