'Bireta' da lavoro. Due giovani inventano la bibita-griffe

Ricetta misteriosa per la bevanda targata Sarzana

Filippo Scuto e Yor Klemen con la birra e al lavoro nel fondo

Filippo Scuto e Yor Klemen con la birra e al lavoro nel fondo

Sarzana, 19 marzo 2017 -  RIGOROSAMENTE senza doppie. Altrimenti non rappresenterebbe Sarzana e la sua caratteristica “parsimonia” nel distribuire le consonanti. La “Bireta” è la scommessa di due giovani appassionati della bevanda che, da consumatori, si sono trasformati in imprenditori e produttori legando alla birra l’immagine e il nome di località turistiche. Partendo da Portofino sono arrivati a Sarzana, prossima tappa della loro carriera. Stanno allestendo un fondo che a breve diventerà laboratorio di produzione e degustazione delle bionde e rosse che avranno come etichetta il nome della città di Sarzana e un logo per il momento supersegreto. Filippo Scuto è spezzino, Yor Klemen nonostante nome e cognome traggano in inganno, è sarzanese doc e arriva da Falcinello. La sua storia parte da lontano e nel Dna deve aver conservato la singolarità: suo nonno era capostazione in Slovenia poi trasferito in Toscana e quindi a Sarzana dove è nata tutta la famiglia. Si occupavano di altri settori, sempre legati al mondo commerciale, ma la loro passione per la birra li ha fatti incontrare. Cercavano gusti particolari, aromi, tradizione non semplicemente la bevuta mordi e fuggi.

COSÌ nel 2015 si sono messi in testa l’idea di produrre la birra artigianale. «La birra esiste da 10 mila anni – spiegano – sarebbe assurdo dire che abbiamo inventato qualcosa. Però sicuramente lanciando l’idea della birra collegata al territorio qualcosa di nuovo è stato scoperto e per ora la risposta è sorprendente. Nelle località dove abbiamo proposto di abbinare la storia locale alla bottiglia il successo è stato incredibile, oltre le nostre aspettative». Per ora si sono appoggiati a un birrificio specializzato fornendo però la loro ricetta. Un tot di lupolo, lievito quanto basta e la gradazione richiesta. Questa l’originalità della Bireta, diversa da tutte le altre. «Non possiamo dire che sia migliore – continuano – è semplicemente differente da quelle tradizionali. Poi sarà il pubblico a esprimere gradimento. Perchè abbiamo tentato questa strada Forse siamo dei matti ma almeno facciamo un lavoro che ci piace e ci gratifica. Siamo partiti da zero, passando notti intere a incollare alle bottiglie le etichette realizzate da un grafico. Migliaia di pezzi già venduti ma non ancora confezionati. Forse questa follia ci ha fatto capire quanto tenessimo all’idea». La tappa Sarzana si sta concretizzando con il fondo in viale Mazzini in corso di allestimento. «Un paio di settimane e siamo pronti – continuano – questo diventerà un piccolo laboratorio ma allo stesso tempo un punto di degustazione e apertura per il pubblico». Ma la Bireta Sarzana quando sarà in... frigo? «Sorpresa. Ma è davvero questione di poco e sarà disponibile, non nella grande distribzione ma nei locali e ristoranti che la richiederanno. Inoltre andrà in giro per cui a Roma berranno la birra guardando e gustando la nostra città. Siamo attentissimi al prodotto perchè ci siamo affidati a un birrificio di esperienza, ma la ricetta è la nostra. Ovviamente segreta». Yor e Filippo contano di arrivare alle prime uscite importanti della città con il prodotto finito e sui tavolini dei bar. «Non facciamo concorrenza a nessuno – concludono – perchè siamo un’altra cosa rispetto alla birra classica. Ma deve essere un prodotto per tutti caratterizzato dal senso di appartenza oltre che un premio al palato». Intanto il primo obiettivo occupazionale è stato raggiunto: con loro collaborerà un rappresentante e uno studio grafico li sta seguendo. «Il lavoro non sempre viene a cercarti – concludono - ma bisogna inseguirlo. Abbiamo deciso di provarci proponendo le birre dedicate e da due anni non ci fermiamo. Arrivare a Sarzana è una bella soddisfazione perchè siamo a casa e legare il nostro nome alla promozione di un simbolo è gratificante». Sarzana e sai cosa bevi, con o senza doppie.

Massimo Merluzzi