Contributi e vincoli sportivi Società divise dalla riforma

Il governo propone modifiche che riguardano sia i collaboratori dei club che la formazione dei ragazzi. "Una tragedia peggiore della pandemia"

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Pagamento dei contributi ai collaboratori e abolizione del vincolo sportivo. Sono i due provvedimenti contenuti nella riforma dello sport voluta dal governo, che hanno sollevato una marea di polemiche e preoccupazioni fra le società sportive. Da un lato c’è il problema del vedere lievitare i costi di gestione di coloro che gravitano intorno alle società, dall’altro c’è la paura che vengano meno quegli introiti legati ai premi di preparazione per avere formato un giocatore nel proprio settore giovanile. "Le società sportive non possono accollarsi questa ulteriore spesa", spiega il vicepresidente della Zenith Audax, Enrico Cammelli.

"Già il periodo non è dei più semplici e per ripartire serviranno ulteriori investimenti. Figuriamoci se il governo può pensare di addossarci anche i costi dei contributi per chi dà una mano per mandare avanti l’attività nei centri sportivi". Il ministro Spadafora ha annunciato che per due anni sarà il governo a farsi carico del pagamento dei contributi, ma poi si aprirà il capitolo di cosa accadrà nel futuro. "Le società possono fare anche le buste paga – dice Enrico Romei, tecnico federale del rugby – ma se il costo è del 40% in più, chi ce li mette i soldi? La diretta conseguenza sarà il taglio dei rimborsi ai collaboratori oppure un aumento delle quote d’iscrizione dello sport di base, andando quindi a ricadere sui portafogli delle famiglie". Secondo Romei si tratta di una riforma a metà. "Si va a toccare il micro, senza cambiare il macro – aggiunge – Non si può riformare un sistema senza modificare la parte che lo rende effettivo, cioè Coni e federazioni nazionali. Sarebbe stato più utile defiscalizzare lo sport, cioè dare la possibilità alle famiglie di detrarre nella dichiarazione dei redditi le spese sostenute per far fare sport ai loro figli". Le critiche piovono anche sul fronte dell’abolizione del vincolo sportivo. "Questa è un’altra mazzata per le società calcistiche – dice Cammelli – Finora per prendere un giovane giocatore da una certa età in poi c’era bisogno di trattare con la società proprietaria del cartellino o comunque venivano previsti dei meccanismi per il premio di preparazione. Chiaramente, mai nessun ragazzo veniva lasciato fermo per mancanza di accordi, si cercava sempre una soluzione. Ora invece il lavoro fatto nei settori giovanili diventa marginale e soprattutto viene a mancare la progettualità, perché i ragazzi possono andare via a fine stagione. Aspettiamo di leggere il decreto nel dettaglio: la speranza è che ci siano delle modifiche sostanziali rispetto a come è stato presentato". Il più critico di tutti nel giudicare la riforma è il delegato provinciale del Coni, nonché vicepresidente della Figc Toscana, Massimo Taiti.

"Questa riforma è una tragedia, peggio di una pandemia perché qui non c’è vaccino – accusa – Di fatto o casca il governo o si deve attendere una nuova maggioranza politica che metta mano al provvedimento. Prendere certe decisioni significa non conoscere il mondo dello sport. Di fatto i costi dei rimborsi raddoppiano, in un periodo terribile per le società sportive. Ben venga una regolarizzazione dei rapporti di collaborazione nello sport, ma non ora e non in questo modo".

Stefano De Biase