Met Jazz, doppia festa per Taborn e Morello

Secondo appuntamento della rassegna con il pianista americano e il nuovo quartetto del batterista

Enrico Morello e Craig Taborn

Enrico Morello e Craig Taborn

Prato, 15 febbraio 2022 - Doppio set per il secondo appuntamento di Met Jazz. Una combinazione curiosa per presentare un grande interprete pianistico a cui ha fatto seguito un quartetto che del pianoforte può fare a meno. Partiamo dal primo, ovvero da Craig Taborn, artista di punta dell'etichetta Ecm di Manfed Eicher per la quale ha pubblicato Shadow Plays, registrato dal vivo al Konzerthaus di Vienna. Un concerto, questo del disco, basato sull'improvvisazione, così come fu quello precedente in Toscana al Musicus Concentus nel 2018 e come è stato quello al Teatro Mestastasio.

Taborn ha un grande pregio, che per qualcuno potrebbe essere un difetto: quello di andare dritto verso una proposta musicale che non blandisce le orecchie del pubblico con facili soluzioni. Il suo stile, sia virtuosistico sia quello più melodico, risente della prassi classica e della lezione di autori novecenteschi. L'uso dell'ostinato, le evoluzioni armoniche piene di sorprese, i temi dapprima scomposti e che poi trovano la loro unità. La sua è una visione personale che non ha niente a che vedere con le atmosfere di Keith Jarrett, convitato di pietra per molti esecutori. Taborn può vantare un modo di eseguire che può fare scuola e che è destinato a durare nel tempo.

Dopo i quarantacinque minuti per piano solo, è salito sul palco il quartetto di Enrico Morello (batteria) con Matteo Bortone (contrabbasso) Francesco Lento alla tromba e al flicorno e Daniele Tittarelli al sax alto. Il progetto Cyclic Signs di Morello, che era reduce dallo splendido concerto del 1 gennaio a Orvieto all'interno del gruppo Edizione speciale di Enrico Rava, evoca a suo modo il suono della West Coast dei Cinquanta come atmosfera strumentale. Ma al tempo stesso è figlio di questi anni, con Lento e Tittarelli in evidenza per lo sviluppo melodico delle idee del batterista e con un Bortone autorevole nella ritmica e nei momenti solisti.

I brani, ricordiamo la conclusiva Natural Movement, sono ben costruiti in una ricerca che come nel set precedente non cerca facili effetti ma che si basa sulla sostanza.